mercoledì 22 marzo 2023

Mal di schiena: trovato il modo per far tornare la tua schiena "nuova" come un tempo!

 

Mal di schiena, un sintomo e spesso espressione di una patologia di cui sentiamo parlare in maggior misura e se ciò accade è a causa della pluralità di persone che prima o poi lamentano questo problema, visto che in Italia oltre 50 milioni di persone, nel corso della loro vita, si sono confrontati con questa patologia, almeno una volta. Se poi osserviamo i soggetti che hanno superato i 40/50 anni, ci accorgiamo che diventa una costante misurarsi col mal di schiena o lombalgia se vogliamo nominarla meglio.

Questo è il prezzo che paghiamo per aver scelto di svilupparci in forma eretta, se fossimo rimasti quadrupedi probabilmente di mal di schiena non avremmo mai sofferto, ma così è andata e quindi, assumere posizioni sbagliate, fare vita sedentaria o di contro compiere troppi sforzi alla fine ci presentano il conto e non solo. Il sovrappeso, l’obesità, persino la gravidanza sono tutti fattori che elevano il rischio di lombalgia, compresa la malsana abitudine di sollevare oggetti pesanti, facendo gravare tutto il peso sulla schiena e non sulle gambe. E c’è di più, le donne soffrono di lombalgia più degli uomini e secondo recenti studi, chi si confronta con questa sintomatologia già dalla giovane età, avrà quasi sicuramente un futuro costellato da periodi in cui la schiena torna a farsi sentire dolorosamente.

Le cause del mal di schiena? Infinite

Una delle cause più note sono dovute alla degenerazione dei dischi intervertebrali, ricordando che fra una vertebra ed un’altra ci sono dei dischi che fungono da ammortizzatori naturali per evitare il danneggiamento delle vertebre quando ci muoviamo o riceviamo dei contraccolpi a causa di movimenti bruschi o improvvisi. A questo si aggiunge l’età. Difatti, lo spazio intervertebrale tende a diminuire con gli anni, oppure il disco intervertebrale tende a fuoriuscire creando delle vere e proprie ernie. Più avanti ancora con l’età, parliamo della terza età, si assiste anche a fenomeni di degenerazione dell’osso con l’osteoporosi che possono innescare vere e proprie fratture spontanee complicando il tutto.

Questo parlando della sintomatologia che, come si vede, è quasi sempre espressione di un disturbo o di una vera e propria patologia, indicando le più comuni ed evitando le più impegnative come i tumori od eventuali malattie autoimmuni come ad esempio, l'artrite reumatoide. Adesso invece vediamo cosa ci riserva il futuro di fronte a questa patologia diffusissima nelle sue varie forme.


Il futuro? Affrancati dal mal di schiena per sempre!

Secondo il CNR sono allo studio e a quanto pare dovremmo esserci quasi, nella realizzazione di biomateriali sintetici iniettabili in grado di ricostruire in maniera quasi naturale tutte quelle strutture che siano state danneggiate dall’esito di una frattura o di processi degenerativi a carico della colonna vertebrale. Parliamo di materiali compositi e biomimetici (Imcb) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli in collaborazione con partners nazionali ed europei, nell'ambito del progetto europeo 'Disc regeneration' coordinato dal direttore dell'Imcb-Cnr, Luigi Ambrosio.

"Il disco intervertebrale è un sistema composito naturale che permette l'articolazione fra vertebre contigue della colonna", illustra Ambrosio: "La sua degenerazione, a seguito di un inevitabile processo di invecchiamento di tipo naturale o patologico, rappresenta una delle principali cause di sofferenza lombare. La rigenerazione del disco intervertebrale è una delle sfide più ambiziose della bioingegneria per la sua complessità, dal momento che coinvolge una serie di tessuti con struttura, proprietà e funzioni differenti, a partire dal nucleo (tessuto soffice altamente idrofilico con funzione di ammortizzatore), fino all'annulus  (tessuto fibroso con funzione di contenimento) e agli endplates (tessuto più rigido che assicura continuità all'interfaccia con le vertebre)".

Ciò si aggiunge a quanto sviluppato fino ad oggi ricorrendo a materiali volti al sostegno della colonna agendo sulle parti danneggiate senza però essere giunti ad un grado di perfezione al punto da immaginare un ripristino quasi totale della funzionalità della colonna. "In particolare, rappresenta un approccio interessante ai fini del recupero della mobilità della colonna vertebrale", spiega il direttore, "la sostituzione del solo nucleo con materiali sintetici/naturali nei casi di ernia del disco, senza danneggiare l'annulus e gli endplates"

Il fine invece che si sono proposti i ricercatori del CNR, per dirla semplicemente, è quella di trovare soluzioni al fine di “far tornare nuova” la colonna vertebrale, così come ci è stata assegnata alla nascita da madre natura. Per far ciò, "sono stati presi in considerazione nuovi materiali, come gel iniettabili bioattivi costituiti da collagene e acido ialuronico, rinforzato con microsfere di gelatina,  in grado di soddisfare le complesse proprietà meccaniche del nucleo e capaci di rigenerare di nuovo il tessuto".

Il lavoro dei ricercatori del CNR è stato anche un’occasione per operare in sinergia con aziende del calibro di Fin-ceramica Faenza SPA. Nella realizzazione pure di polimeri idrofilici sintetici combinati con i materiali bioceramici. 

"Questa miscela" spiega il ricercatore" consente di migliorare le proprietà reologiche del cemento, conferendo eccellenti capacità di scorrimento sotto carico e spiccate qualità di lavorabilità, iniettabilità e adattabilità alla complessa geometria delle cavità ossee. Il recente utilizzo di cementi ossei  acrilici, infatti, pur garantendo elevate proprietà meccaniche e una buona stabilizzazione del tessuto nel sito di impianto, hanno mostrato alcuni limiti soprattutto in relazione a temperature elevate - oltre 70°C - e durante la polimerizzazione del cemento che avviene dopo essere iniettato nella vertebra, con conseguenti danni irreversibili ai tessuti sani circostanti. Al contrario, i gel compositi proposti, a base di fosfati di calcio (CPCs) hanno la capacità di indurire direttamente in vivo a 37°C, all'interno della cavità ossea, una volta a contatto con i fluidi biologici, attraverso una reazione di idrolisi".

Fonte: Silvia Mattoni - Luigi Ambrosio, Istituto per i materiali compositi e biomedici, Napoli

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