Latte Intero contro Latte Scremato: La Scienza Che Cambia Idea (Ancora!)


 

Quante volte ci siamo sentiti dire che il latte scremato fosse la scelta più salutare? Per decenni, la scienza o almeno una certa corrente di essa, ci ha spinto verso questa direzione, paventando spettri di ictus, infarti e obesità legati ai grassi del latte intero. I nostri nonni, ignari di queste diatribe, si godevano il loro latte intero senza troppi patemi, e forse, alla luce delle nuove scoperte, avevano ragione loro.

Facciamo un breve ripasso. Il latte intero vanta circa il 3,5% di grassi, il che gli conferisce quel sapore ricco e quella consistenza vellutata che tanto ci piacciono. È anche una fonte preziosa di vitamine liposolubili (A, D, E, K). Il latte scremato, d'altro canto, ha una percentuale di grassi inferiore allo 0,5%, ed è stato a lungo celebrato per il suo minor apporto calorico e di grassi saturi, pur mantenendo proteine, carboidrati e calcio.

Ma il pendolo della scienza sembra aver iniziato un nuovo, interessante, movimento.

Il Ritorno del Latte Intero: Sazietà e Cuore

Recenti studi, come quello dell'Association of Dietary, Circulating, and Supplement Fatty Acids With Coronary Risk, hanno riacceso il dibattito, giungendo a conclusioni sorprendenti. Sembra che il latte di mucca intero sia in grado di saziare di più, il che, paradossalmente, potrebbe portare a un minor consumo complessivo di calorie. E non solo! Uno studio di meno di 15 anni fa ha addirittura suggerito una tesi rivoluzionaria: il grasso caseario contenuto nel latte, e in maggior misura in quello intero, potrebbe essere associato a un minor rischio cardiovascolare.

Questo ribalta decenni di "sentito dire" e ci spinge a riconsiderare le nostre abitudini alimentari. Spesso, infatti, gli alimenti con etichette come "fat free"* ci illudono, spingendoci a consumare più calorie altrove o a scegliere prodotti meno salutari, magari carichi di zuccheri aggiunti. Ma cosa significa esattamente "fat free"?

"*Fat Free": Un'Etichetta da Leggere con Attenzione e un pò di scetticismo!

Ma cosa si intende con "fat free" o "senza grassi" sulle etichette dei prodotti alimentari?

Semplice: questa indicazione significa che una porzione di quel prodotto contiene meno di 0,5 grammi di grassi totali. Quindi, non è uno zero assoluto, ma una quantità così piccola da essere considerata trascurabile per porzione.

Attenzione Però! L'etichetta "fat free" non sempre si traduce in un prodotto più salutare. Ecco perché:

  • Zuccheri aggiunti: Spesso, per compensare la perdita di sapore dovuta all'eliminazione dei grassi, i produttori aggiungono zuccheri, sale o altri additivi. Questo può rendere il prodotto, nonostante sia "fat free", comunque poco salutare e ricco di calorie.

  • Sazietà: I grassi contribuiscono al senso di sazietà. Un alimento "fat free" potrebbe lasciarti meno soddisfatto, portandoti a mangiare di più in seguito per sentirti pieno.

  • Calorie totali: Un prodotto "fat free" non è necessariamente "calorie free". Potrebbe comunque avere un alto contenuto calorico a causa degli altri ingredienti.

In sintesi, "fat free" significa che c'è una quantità minima di grassi per porzione, ma è sempre importante guardare l'etichetta nutrizionale completa per capire il vero profilo del prodotto. Lo dimostra anche uno studio di Harvard, che ha evidenziato come i latti aromatizzati a base di latte scremato possano contenere fino al 18% di zucchero. In questi casi, la scelta dello scremato si rivela un boomerang per la salute.

I Grassi del Latte Sotto la Lente d'Ingrandimento

Il report del settembre 2015 del Credit Suisse sull'importanza e l'effetto dei grassi nella dieta ha fornito dati interessanti a favore dei grassi del latte. Analizzando diciotto studi condotti tra il 2010 e il 2013, ben otto hanno mostrato una riduzione delle probabilità di malattie cardiovascolari, nove non hanno rilevato effetti significativi e solo uno ha indicato un leggero rischio.

Certo, il consumo medio di latte in Italia è di circa 56 litri pro capite l'anno, la metà rispetto agli Stati Uniti. E in quantità moderate, la scelta del tipo di latte potrebbe non avere un'influenza così marcata sulla dieta complessiva. Tuttavia, la domanda rimane: i grassi del latte sono finalmente "sconsigliati" o "consigliati" dagli esperti? La risposta, come spesso accade, sta nel contesto alimentare generale dell'individuo. Se l'apporto complessivo di grassi è elevato, si tende a eliminare prima altri alimenti con una maggiore presenza lipidica.

E per i Bambini? Meglio il Latte Intero!

La maggior parte delle linee guida ha sempre suggerito il latte parzialmente scremato (con circa l'1,5% di grassi in Italia) per i bambini, in un'ottica anti-obesità. Ma questa è una misura davvero efficace e scientificamente fondata?

Una metanalisi pubblicata sull'American Journal of Clinical Nutrition, condotta da pediatri e nutrizionisti del St. Michael’s Hospital di Toronto, ha preso in esame 28 studi su oltre 21 mila tra bambini e ragazzi. I risultati sono sorprendenti: i bambini che bevono abitualmente latte intero con circa il 3,2% di grassi, sarebbero meno propensi a sovrappeso e obesità (oltre il 40% in meno!) rispetto a quelli che consumano latte parzialmente scremato. Nessuno degli studi esaminati ha dimostrato un'associazione tra latte con meno grassi e una diminuzione del peso. Al contrario, in 18 ricerche il consumo di latte intero è stato associato a una minore adiposità nei ragazzi.

È fondamentale sottolineare che la maggior parte di questi studi sono stati prospettici, basati su ciò che i genitori riferivano a posteriori o su dati elaborati da altre ricerche. Mancano ancora studi randomizzati e controllati "ad hoc", che potrebbero fornire risposte definitive. Ma il dato di fatto è lì, evidente: la vecchia credenza sul latte scremato come unica via salutare sta vacillando.

La BANCA DEL LATTE? (Ma davvero?!)

E parlando di sorprese, i nostri lettori più curiosi si saranno chiesti: che ci fa una banca in mezzo al latte? In effetti, Credit Suisse, oggi Gruppo UBS, che parla di latte, a prima vista sembrerebbe un non senso… Eppure, le grandi banche d'investimento e le istituzioni finanziarie come Credit Suisse (che ora fa parte di UBS) hanno dipartimenti di ricerca molto ampi che vanno ben oltre l'analisi finanziaria tradizionale.

Ecco i motivi principali per cui una banca potrebbe promuovere o pubblicare ricerche su settori apparentemente non finanziari come l'alimentazione:

  • Analisi di Mercato e Settoriale: Le banche d'investimento consigliano aziende, gestiscono fondi e investono in vari settori. Comprendere le tendenze di consumo, le preferenze dei consumatori, le innovazioni e i cambiamenti nelle normative o nelle percezioni pubbliche (come quelle sui grassi o sul latte) è fondamentale per valutare il valore delle aziende alimentari, delle catene di distribuzione, delle aziende agricole e di tutti i settori correlati. Un cambiamento significativo nel consumo di latte intero vs. scremato, ad esempio, ha implicazioni enormi per l'industria lattiero-casearia.

  • Investimenti Tematici: Sempre più spesso, le banche e i gestori patrimoniali offrono prodotti di investimento basati su "temi" globali, come la salute, la sostenibilità, l'alimentazione del futuro, ecc. Una ricerca approfondita su questi temi aiuta a identificare le opportunità di investimento e a costruire portafogli pertinenti.

  • Gestione del Rischio: Le tendenze di consumo e le scoperte scientifiche possono influenzare la domanda di prodotti, la reputazione delle aziende e, di conseguenza, il loro valore azionario e la loro capacità di ripagare i debiti. Le banche devono essere consapevoli di questi rischi per i loro clienti e per i loro stessi investimenti.

  • Insight per i Clienti Corporate: Le banche offrono consulenza strategica alle grandi aziende. Fornire ricerche approfondite sulle dinamiche di mercato e sui cambiamenti nelle preferenze dei consumatori (come il dibattito sul latte) è un servizio di valore aggiunto per i loro clienti nel settore alimentare e delle bevande.

  • Reputazione e Leadership di Pensiero: Pubblicare ricerche di alta qualità su argomenti di interesse pubblico, anche se non strettamente finanziari, può rafforzare la reputazione di una banca come istituzione di "leadership di pensiero" e di analisi approfondita.

E poi dicono che alle banche non interessa nulla di noi!

In sintesi, anche se non investono direttamente nel "latte", le banche sono estremamente interessate a tutto ciò che influenza i settori economici in cui i loro clienti operano o in cui loro stessi investono. La salute e l'alimentazione sono settori giganteschi e in continua evoluzione, e le analisi come quella sul latte sono strumenti preziosi per navigare in questo complesso panorama.


Fonte: PubMed: Influence of Dairy Product and Milk Fat Consumption on Cardiovascular Disease Risk: A Review of the Evidence1,2
ACPacpjournals:
Association of Dietary, Circulating, and Supplement Fatty Acids With Coronary Risk: A Systematic Review and Meta-analysis

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