Riferendoci alla cistite e ricordando che parliamo di un’infezione del tratto urinario di cui maggiormente esposta è la donna, per ovvie ragioni anatomiche, non possiamo non citare anche la cistite interstiziale, anche questa patologia più diffusa nel sesso femminile rispetto a quello maschile.
Ricordiamo che la cistite interstiziale è quella patologia urinaria che si presenta con le stesse caratteristiche e, più o meno, con la stessa sintomatologia ascritta alla classica cistite, dunque con bisogno impellente di urinare, difficoltà della minzione, bruciore, a volte febbre, dolore al basso ventre, lamentati dal paziente. Ma rispetto alla cistite tradizionale la differenza sta nel fatto che una volta ricercata la causa, con esami quali urinocultura ed antibiogramma, non si riesce ad identificare l’agente patogeno responsabile della malattia. Ciò che emerge, di norma, nella cistite interstiziale è una popolazione di patogeni di diverso tipo appartenenti a svariate famiglie diverse l’una dall’altra ma con una carica batterica del singolo patogeno che non giustificherebbe da sola la presenza della malattia.
Le altre differenze fra la cistite e la cistite interstiziale
Come detto, al di là della simile sintomatologia, dobbiamo vedere il tipo di patogeni che riguarda le due infezioni che conclamano entrambe con due tipi di infiammazione, nei sintomi molto simili.
Nella cistite comune riscontriamo la presenza di batteri, virus e a volte, una irritazione riconducibile a sostanze chimiche che abbiano irritato le vie urinarie.
Nella Cistite Interstiziale che possiamo anche definire Sindrome della Vescica Dolorosa, non abbiamo una causa del tutto nota riconducibile all'eziologia della malattia, sappiamo però che la causa non è ascrivibile a patogeni quali batteri, invece è molto probabile, ritenere che la patologia potrebbe coinvolgere anomalie nella parete della vescica, danni ai nervi o fattori genetici. In buona sostanza, entrambe causano fastidi e provocano infiammazione, ma mentre la cistite classica ha come agenti patogeni per lo più batteri, quella interstiziale trae origine da fattori poco conosciuti e sicuramente più difficili da evidenziare.
Ma c’è un a cosa che ha colpito i ricercatori che hanno monitorato per un lasso di tempo adeguato un numero di 50 pazienti affetti da cistite interstiziale ricoverati a seguito della patologia urinaria ed osservati per una durata di 18 settimane, un gruppo dei quali curati con antibiotici, un altro con placebo. Gli antibiotici utilizzati erano la Doxicillina, l’Eritromicina, il Metronidazolo, la Clindamicina, l’Amoxicillina e la Ciprofloxacina, ogni antibiotico è stato testato per un periodo di tre settimane.
Secondo i ricercatori, infatti, pur non individuando l’esatta popolazione di batteri che meglio rispondevano alla singola molecola, nei pazienti così trattati si assisteva ad una riduzione significativa dei sintomi della malattia. Tant’è che lo studio avrebbe concluso che, fermi gli eventuali effetti collaterali sempre possibili con queste molecole farmacologiche, anche in caso di cistite interstiziale il farmaco d’elezione resta sempre l’antibiotico capace di migliorare la prognosi per il paziente, senza che però che questa evidenza si legga come uno stato di avanzamento nella cura della cistite interstiziale, le cui cure dovranno ricercarsi altrove, soprattutto quando sia del tutto chiara l’esatta genesi della patologia in questione.
Da qualche anno il trattamento delle cistiti, sia interstiziale che nella forma classica, trae giovamento da un approccio più olistico, col ricorso alla Fitoterapia, con sostanze, anche sotto forma di integratori che al riparo da effetti collaterali e dal rischio sempre più pressante di antibioticoresistenza, si sta rilevando un approccio sicuramente mirato e favorevole nella guarigione.
JWarren W et al, J Virol 2000; 163 : 1685-1688
Xagena

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