C’è un fatto importante che occorre osservare quando si parla di una delle più temibili e note malattie autoimmuni quale di fatto è il Lupus Ertitematoso. Ovvero, la constatazione che la cura nei confronti di questa patologia, sia pure non risolutiva ma in parte grazie all’apporto positivo dei farmaci biologici, foriera di buoni risultati clinici, viene dopo un certo lasso di tempo, abbandonata da un grande numero di pazienti.
A tale conclusione sarebbe giunto uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Rheumatology riportando i dati riguardanti il lavoro effettuato da un gruppo di ricercatori dell’University College di Londra che avrebbe ben dimostrato come i pazienti affetti da Lupus Eritematoso, dopo un primo inizio terapeutico ordinato e preciso, nel tempo tendono a disertare le cure fino, addirittura in qualche caso, abbandonarle.
Ma perché si verifica tutto ciò? Secondo un gruppo di malati intervistati ciò si sarebbe verificato a causa della paura che questi pazienti hanno nei confronti degli stessi farmaci, perché si ritiene che questi presidi siano interessati da tutta una serie di importanti effetti collaterali. A ciò si aggiunge la ritrosia di quei malati che preferiscono affidarsi a trattamenti alternativi, anzicchè rivolgersi alle attuali terapie farmacologiche.
UN CENNO SUL LUPUS ERITEMATOSO O LES
Che incidenza ha il lupus
eritematoso in Europa?
Nel Vecchio Continente ad
ammalarsi è una persona su 1000, quindi parliamo di una malattia
abbastanza diffusa. Le donne, come anticipato prima, si ammalano 9
volte più degli uomini. L’età di massima incidenza della malattia
è fra i 20 e i 35 anni e caratteristica del Lupus eritematoso, ma lo
vediamo anche in altre patologie autoimmuni, è quella di assistere a
periodi di quiescenza dei sintomi e improvvisi peggioramenti degli
stessi.
SINTOMATOLOGIA
A
livello cutaneo notiamo il noto rash a “farfalla” che si istaura
a livello del naso un po’ a cavallo dello stesso. Il rash
solitamente colpisce tutte le aree più esposte alla luce solare,
anche se questa non è una caratteristica di tutte le forme della
malattia. Uno dei sintomi parimenti importanti sono rappresentati dal
dolore alle articolazioni e non solo, si assiste anche ad una forma
di stanchezza senza causa apparente, ingrossamento dei linfonodi,
infiammazioni sparse, con particolare riferimento alle membrane
sierose, quindi, potrebbe essere interessata dall’infiammazione la
pleura e il pericardio, quindi, in quest’ultimo caso ci troviamo a livello del cuore, con tutte le conseguenze del caso. Assistiamo alla
perdita di peso, ad una marcata riduzione dei globuli bianchi, delle
piastrine e dei globuli rossi. Nelle forme più gravi si riscontrano
danni anche ai reni, i meravigliosi organi che lavorano in coppia all’unisono. Ma non è escluso che danni a carico del sistema
nervoso possono palesarsi nei casi più impegnativi della malattia.
E
IN
GRAVIDANZA?
Una
nota riguarda le donne in gravidanza o che vogliono iniziare una
gravidanza? Il quesito diviene sempre più pressante perché, come
visto, il Lupus eritematoso ha un esordio, nelle donne in un’età
fertile. La gravidanza
è oggi possibile anche
nelle donne affette da LES, a patto agisca di concerto il
ginecologo con lo specialista che sta trattando la malattia. Tutto ciò
per individuare il momento più opportuno per pianificarla,
riducendo al minimo i rischi di complicanze.
E torniamo ai farmaci e all'abitudine di abbandonare le terapie in atto. Tale abitudine di abbandonare i trattamenti farmacologici di fronte alle malattie autoimmuni è quanto di più sbagliato si possa fare, eppure al contempo si rileva come siano tanti quei pazienti che hanno disertato le cure come dimostra un particolare sondaggio cui si sono stati sottoposti questi pazienti. Non mancano infine quei malati che poiché non avevano visto miglioramenti dalla terapia, non si fanno troppi sensi di colpa nell’aver abbandonato le cure.
«Quando si ha a che fare con malattie croniche come il lupus eritematoso sistemico per cui non esistono cure miracolose e che comportano spesso periodi di relativo benessere e momenti veramente difficili è più facile cadere nella trappola della non corretta adesione alle cure – osserva Clodoveo Ferri, direttore della cattedra di reumatologia all’Università di Modena e Reggio Emilia, presso il Policlinico di Modena -. Nei momenti di sconforto il paziente può sentirsi solo e demotivato, ansioso e stressato per continuare ad assumere farmaci che non ritiene poi così efficaci. In realtà è ben evidente che chi segue meglio le cure ha una prognosi migliore. Oltretutto rispetto agli anni 70-80, sono stati fatti grandi passi in avanti sul fronte delle cure e oggi si riesce a tenere sotto controllo la malattia molto meglio».
Proprio perché il paziente affetto da lupus è più incline ad avere momenti di sconforto, è ancora più importante che instauri un buon rapporto con il proprio medico e il centro in cui è in cura. «Il medico di famiglia dovrebbe indirizzare il paziente a un centro di riferimento per la cura della sua malattia – sostiene Ferri -. In questi centri c’è una grossa esperienza e il paziente è seguito in modo completo anche grazie a un lavoro di squadra tra i diversi specialisti. Spesso ci sono ambulatori specializzati e la possibilità di un contatto continuo con gli specialisti. Questa gestione favorisce l’empatia tra medico e paziente con il risvolto positivo di una migliore adesione alle cure».
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