Prima di parlare del nuovo farmaco che pare stia dando buoni risultati rispetto al passato contro la fibrillazione atriale, vediamo a quale patologia ci riferiamo. In breve quando si parla di fibrillazione atriale ci riferiamo ad una patologia cardiaca che comporta una vera e propria aritmia dove si assiste ad una irregolarità completa del movimento degli atri con contrazioni sostituiti da movimenti caotici che non consentono la propulsione del sangue così come dovrebbe essere, fatto questo che comporta non soltanto una scarsa efficienza cardiaca ai fini della circolazione, ma anche un battito del tutto irregolare.
Si ritiene che ad essere interessati al problema sia lo 0,5% della popolazione adulta con un aumento percentuale dei malati che sale all’aumentare dell’età, si stima infatti che oltre i 65 anni il rischio si eleva del 5%. Quando parliamo di fibrillazione atriale spesso ci troviamo di fronte a persone che sono già interessate da altre patologie, pensiamo all’ipertensione arteriosa, alle coronopatie, alle malattie della valvola mitralica.
La fibrillazione atriale è una patologia importante anche ai fini della sopravvivenza del paziente, poichè i danni e i rischi connessi a questo stato patologico possono aversi anche a distanza con riduzione della sopravvivenza negli anni per non contare poi la sintomatologia che accompagna il fenomeno, a cominciare dalla riduzione della tolleranza agli sforzi e, dunque, palpitazioni, affaticamento e mancanza di fiato e, fatto ancor più grave, la sempre possibile formazione di coaguli all’interno del cuore ed il rischio di fenomeni embolici come l’ictus cerebrale. Per questo motivo i pazienti con fibrillazione atriale vengono solitamente trattati con farmaci anticoagulanti.
Ed è proprio questo che oggi ci interessa, ovvero, l’essere a conoscenza dell’ immissione sul mercato di un nuovo farmaco che in qualche modo previene meglio di un tempo, il rischio ictus che in caso di fibrillazione atriale è aumentato di cinque volte rispetto a quanto avverrebbe in una persona non affetta dal fenomeno.
Poiché si sa che un farmaco utilizzato contro la fibrillazione atriale è il warfarin, che è un antagonista della vitamina K, che tuttavia non è scevro da effetti collaterali, compreso il fatto che non tutti possono assumerlo, oggi grazie allo studio Averroes, condotto in 36 Paesi, è coordinato dal Population HealthResearch Institute dell’Università McMaster (Canada), pubblicato sul ‘The New England Journal of Medicine’, i cui risultati preliminari di Averroes – annunciano Bristol-Myers Squibb e Pfizer – sono stati presentati ad agosto 2010 al meeting della Società europea di cardiologia a Stoccolma e quelli definitivi sono stati illustrati lo scorso 10 febbraio alla International Stroke Conference che si è svolta a Los Angeles, si è visto che una inedita molecola, l’apixaban è di gran lunga più efficace contro la patologia riducendo la possibilità di ictus o embolia sistemica in maniera molto più significativa rispetto a quanto fa la stessa aspirina, un farmaco molto utilizzato contro la fibrillazione atriale.
Oltretutto, l’utilizzo del nuovo farmaco non comporta un incremento significativo di sanguinamenti maggiori, emorragie fatali o intracraniche. Lo studio rivela inoltre che non si sono registrate differenze significative nel rischio di ictus emorragico nei pazienti trattati con apixaban rispetto a quelli trattati con aspirina.
C’è da ricordare che l’aspirina viene data a quei pazienti che non possono assumere il warfarin e si è potuto dimostrare che il trattamento con apixaban s’è dimostrato efficace nella riduzione dell’insieme di ictus, embolia sistemica, infarto miocardico o morte vascolare nei pazienti con fibrillazione atriale.
Fonte: Pharmakronos
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