mercoledì 20 dicembre 2023

Creme solari: anche il Polo Nord costretto a farci i "conti"!


Un recentissimo studio del CNR ha posto in luce una situazione che, per la verità, conosciamo già da tempo, ma che, laddove ce ne fosse ancora bisogno, stigmatizza quanto mai la l’evidenza di come tutte le nostre attività, compresi i consumi delle sostanze e dei prodotti che utilizziamo tutti i giorni, impattano con il pianetaNon serve fare terrorismo psicologico additandoci per questo come distruttori del pianeta ed abbracciando un’odiosa ideologia che vorrebbe annientare ogni forma di civiltà acquisita. 


Lo spirito dello studio è semmai utile se lo si analizza in una chiave diversa, ovvero, quella di prevedere delle sostanze che impattino in maniera più soft sul pianeta e, se possibile, fare un uso di tali sostanze quanto più possibile consapevole. 


Parliamo di creme solari, le irrinunciabili protezioni della pelle in uso sopratutto in estate quando ci sollazziamo ai raggi del sole in spiaggia. Secondo il lavoro effettuato dal CNR, sono state ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord, luogo ben distante dalle nostre amene località turistiche, eppure, anche in quei luoghi tanto distanti, i ricercatori dell’ Università Ca’ Foscari Venezia e dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche CNR.-ISP, in collaborazione con l’Università delle Svalbard che hanno pubblicato i risultati sulla rivista scientifica Science of the Total Environment, hanno rivelato tracce nei ghiacciai dell’arcipelago delle Svalbard, appunto, di creme solari.

I risultati hanno rivelato la presenza di diversi composti, come fragranze e filtri UV, che derivano dai prodotti per la cura personale di largo consumo, fino alle latitudini più estreme. 

Questa è la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica”, afferma Marianna D’Amico, dottoranda in Scienze polari all’Università Ca’ Foscari Venezia e prima autrice dello studio.  Questa è la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica”, afferma Marianna D’Amico, dottoranda in Scienze polari all’Università Ca’ Foscari Venezia e prima autrice dello studio.  I risultati evidenziano come la presenza dei contaminanti emergenti nelle aree remote sia imputabile al ruolo del trasporto atmosferico a lungo raggio”, spiega Marco Vecchiato, ricercatore in Chimica analitica a Ca’ Foscari e co-autore del lavoro. “Infatti, le concentrazioni più alte sono state riscontrate nelle deposizioni invernali. Alla fine dell’inverno, le masse d’aria contaminate provenienti dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico”. 
L’esempio più evidente riguarda proprio alcuni filtri UV normalmente presenti nelle creme solari. L’origine delle maggiori concentrazioni invernali di questi contaminanti non può che risiedere nelle regioni continentali abitate a latitudini più basse: alle Svalbard durante la notte artica il sole non sorge e non vengono utilizzate creme solari”, prosegue Vecchiato. 
La distribuzione di alcuni di questi contaminanti varia in base all’altitudine. La maggior parte dei composti ha concentrazioni maggiori a quote più basse, tranne l’Octocrilene e il Benzofenone-3, due filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari, che al contrario sono più abbondanti sulla cima dei ghiacciai, dove arrivano dalle basse latitudini trasportati dalla circolazione atmosferica. 

A questo punto i ricercatori si chiedono come sia mai possibile che tali sostanze riescano a viaggiare e raggiungere mete tanto distanti al punto da essere reperite in tale misura, anche in considerazione del fatto che le condizioni climatiche in quei luoghi ove sono state rinvenute le sostanze, sono quanto mai proibitive e questo fatto avrebbe fatto propendere per una degradazione spontanea dei costituenti delle creme solari. La risposta a tutto questo potrebbe essere anche la nuova chiave di lettura da estendere ai produttori al fine di rendere quanto mai più biodegradabili sostanze di cui sicuramente non possiamo fare a meno, se vogliamo evitare di abbrustolirci d’estate la pelle col rischio quanto mai certo di incorrere in gravi malattie neoplastiche della pelle, come ad esempio il melanoma.

Fonte: 
Ufficio stampa Cnr: Cecilia Migali,

Responsabile: Emanuele Guerrini
Marianna D'Amico, Roland Kallenborn, Federico Scoto, Andrea Gambaro, Jean Charles Gallet, Andrea Spolaor, Marco Vecchiato, Chemicals of Emerging Arctic Concern in north-western Spitsbergen snow: Distribution and sources, Science of The Total Environment, January 2024.
Andrea Spolaor, ricercatore Cnr-Isp,
 Marianna D’Amico, dottoranda Università Ca’ Foscari Venezia, 
 Marco Vecchiato, ricercatore Università Ca’ Foscari Venezia

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