mercoledì 28 giugno 2023

Anche le api nel loro piccolo si ubriacano!


 
Ape completamente ubriaca


Chi pensava che il deprecabile vizio di ubriacarsi fosse prerogativa soltanto umana, si sbagliava. Non solo l’uomo, ma anche le api, quando possono, invece di ritirarsi in casa ed in famiglia, farebbero una capatina in osteria pur di concedersi una grossa e gradita sbronza. Nell’assistere a tutto ciò, i ricercatori hanno scoperto che l’ubriachezza delle api somiglia moltissimo a quella degli umani, tanto simile sono i comportamenti che gli scienziati avrebbero notato, che si sarebbero messi subito a lavoro per trovare dei farmaci antisbornia inediti che funzionanino sia su questi simpatici insetti che su di noi.

Ma come fa l’ape a trovare la sua “osteria” per assecondare il vizio che la porta ad “alzare il gomito”? Semplice, nel suo girovagare per i campi, ad un certo punto, stanca e dopo una giornata di intenso lavoro, indirizza la sua attenzione verso il nettare fermentato, che in quanto fermentato contiene etanolo e così ecco che l’ape lo assapora fino ad ubriacarsi. Il bello è che l’ubriacatura dell’ape somiglia in modo incredibile a quella dell’uomo. Lo dimostra il fatto che l'ape continua a volare ma lo fa in maniera disordinata, fatto questo che non è scevro da incidenti, infatti, così come l’uomo ubriaco camminando si schianta su qualche palo, lo stesso fa l’ape, centrando un albero e spesso con conseguenze estreme. Se invece l'insetto dovesse camminare sulle zampe lo farà barcollando e zigzagando, proprio come gli umani che in preda all'alcol non riescono a tenersi in piedio. Se è arrivata a bere fino a non essere più padrona delle proprie azioni, l'ape cade e sulla schiena ed agita disperatamente le zampe in modo scordinato, nel tentativo, vano, di rialzarsi. Attenzione ad avvicinarsi ad un’ape ubriaca, come gli umani, può diventgare aggressiva e spesso lo diventa ancor di più perché timorosa di ciò che le accade attorno.

Ma, visto che le colonie sono ordinate e con regole ferree da rispettare, in questo non somigliano proprio agli umani, all’entrata dell’alveare, se ubriache, vengono cacciate fuori dai loro buttafuori, finché non smaltiscono la sbornia. E’ un sistema naturale per evitare che api alticce depositino miele corretto o corrotto, con alcol che manderebbe in estasi tutta la colonia. D’altro canto, come accade agli umani, non è detto che l’ape ubriaca raggiunga facilmente la propria casa, in quanto alticcia, come asserito dall’entomologo Errol Hassan al The Guardian. Ma sempre nelle api si sono ritrovati anche i segni di astinenza dall’alcol, come appurato da ricercatori dell'Università Jagellonica e dell'Accademia polacca delle scienze. Tali ricercatori, hanno riferito sulla rivista Biology Letters, che quando le api dipendenti dall'alcol non potevano avvicinarsi al loro bar floreale preferito per un altro giro, hanno sperimentato sintomi di astinenza. L’aver studiato questo strano fenomeno nelle api ha riscontri importanti non soltanto a livello ecologico ma serve anche a meglio comprendere gli effetti dell’alcol sul cervello umano e ciò anche studiando il compoprtamento delle api mellifere, quelle specializzate nella produzione del miele e ciò in quanto meglio comprendiamo la dipendenza dall’alcol sull’essere umano anche osservando certi comportamenti che accadono a questi insetti, potendo oggi utilizzare strumenti genetici e test comportamentali con le api da miele che ci consentono di esplorare la dipendenza in un animale con un cervello relativamente più semplice. 

"Nel prossimo futuro, lavoreremo sugli effetti del consumo di alcol a breve e lungo termine sulla salute delle api [da miele] e sul loro comportamento, in particolare sul comportamento cognitivo e sociale", afferma Miller.


Ovvio che il cervello umano è di gran lunga diverso e più evoluto rispetto a quello dell’ape, ma proprio la semplicità del cervello di questo insetto ci fa comprendere, dicono i ricercatori, la reale attività dell’alcol sui neuroni dell’insetto, tramite molecole di segnalazione simili. Secondo Sovik, "sappiamo molto sulle risposte neurochimiche, molto meno sui circuiti neurali coinvolti".



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