Il topo, nell’immaginario collettivo suscita repulsione, paura, angoscia, per qualcuno pure fobia, perché, da sempre, associamo al topo ambienti sporchi, putridi ed insani, pertanto il topo è riferito, come logica conseguenza, ad una sequela di malattie infettive anche gravi, il che è solo in parte vero, perché operiamo lo stesso discrimine anche col topolino di campagna, che con quello di fogna è solo parente e che magari se ne starebbe pure tranquillo, se avesse di che nutrirsi in proprio, senza portarci particolari patogeni ed al massimo distruggendoci i granai, visto la voracità rappresentata da una colonia di famelici topi. Ma cosa accomuna questo mammifero a noi umani? Perchè ne parliamo in questa sede?
La conseguenza è che, laddove intervengono fattori contrari proprio l’impulso che comanda il cervello e che viene trasmesso poi agli organi della digestione vada in tilt, con la conseguenza che sia il topo che l’uomo, di fronte a tali meccanismi contrari non avverte più sazientà e viene spinto da una forma di fame compulsiva fino quasi a “scoppiare”. E a questo punto, quale è lo stimolo negativo che di fatto non spegne l’”interrutore” che regola l’assunzione del cibo? Lo stress. Senza giungere ai livelli di bulimia che pure sono sotto osservazione degli studiosi, una cosa è certa. Alcuni pazienti che vivono profondi e duraturi stati di stress ed ansia, potrebbero reagire a tali impulsi mangiando a dismisura, ovviamente con le conseguenze del caso.
“I nostri risultati rivelano che lo stress può annullare una risposta naturale del cervello che diminuisce il piacere di mangiare, il che significa che il cervello viene gratificato continuamente dal cibo” ciò secondo Herbert Herzog, il capo del team di ricerca. Gli scienziati hanno scoperto che lo stress cronico spegne una particolare struttura laterale del cervello che blocca l’ingestione in eccesso di cibo evitando di riempirci a dismisura e che si chiama abenula una regione neurale che previene la sovralimentazione sia nei topi che negli esseri umani. Nell’esperimento condotto in Australia, si sottoponevano ad una normale alimentazione dei topi di laboratorio, constatando come gli stessi ad un certo punto sazi, si allontanavano dal cibo. Ma quando un gruppo di questi topi fu sottoposto a continui stress, si constatò come i topi di fronte a grossi quantitativi di cibo continuassero a mangiare senza interruzione, con la conseguenza che i topi stressati si presentavano con un peso, alla fine degli esperimenti, pari anche al doppio di quello riferito al gruppo di topi mantenuti in assenza di stress. Non solo; gli scienziati hanno lasciato che i topi scegliessero se bere acqua semplice o acqua addizionata di zucchero, e quelli del gruppo con i fattori di stress hanno bevuto il triplo dell'acqua zuccherata rispetto agli altri.
Lo stesso esperimento non è stato condotto di proposito sugli
uomini, ma di fronte a gruppi di persone che utilizzavano
il cibo in eccesso come sfogo alle proprie ansie e frustrazioni
causate dallo stress, si è giunti alla stessa conclusione, ovvero, che la
parte del cervello umano che regola i meccanismi di fame e sazietà,
sono gli stessi che si riscontrano sui topi. Lo dimostra il fatto che
una molecola naturale prodotta dal nostro organismo, il Neuropeptide Y, agisce in modo naturale quale ansiolitico fisiologico per il
nostro corpo e che quindi si oppone naturalmente allo stress della
vita di tutti i giorni che ha riverberi diversi da individuo ad
individuo. Ma quando i fattori di stress schizzano all’infinito e
l’organismo reagisce con la produzione di sempre nuove molecole di
Neuropeptide Y, tale molecola non riesce a placare più in maniera
equilibrata lo stress, al punto che l’eccessivo quantitativo della sostanza vada ad impattare negativamente sull'abenula laterale e
di conseguenza il consumo del cibo non viene interrotto.
Tale scoperta, oltre a considerare i topi nostri “cugini”, almeno nell’architettura di certe regioni anatomiche ed in parte anche a livello fisiologico, potrebbe anche aprire la strada alla scoperta di farmaci che possano incidere sulla produzione della molecola di Neuropeptide Y o direttamente sulla abenula laterale, chissà, magari cambindone la permeabilità in modo da sopprimere l’eccesso di fame, oppure contrastando anche in questo modo lo stress quando da naturale diventi patologico. Ma queste per intanto sono eventuali future e possibili ipotesi.
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