Chissà perché, ma quando si parla di appendicite il pensiero va per lo più ai bambini, forse perchè non sempre sono in grado di narrarci i sintomi della malattia, così come, quando si parla di infiammazione del tratto vermiforme dell’appendice, appunto, l'appendicite, pensiamo immediatamente al tavolo operatorio. Dimenticando al contempo che, l’incidenza di questa patologia, nonostante quel che si pensi, va diminuendo nel corso degli anni. E non è ancora tutto.
Oltretutto, da almeno 40 anni, anche l’appendicectomia ha un approccio chirurgico più soft, questo da quando il ginecologo tedesco Kurt Semm, sperimentò la sua prima tecnica mini-invasiva rappresentata dalla chirurgia laparoscopica. Correva l’anno 1981. Nello specifico, il chirurgo oggi, grazie a tale tecnica operatoria, pratica tre piccole incisioni di non più di un centimetro, distende l’addome con anidride carbonica e all’interno piazza una cam per monitorare il campo operatorio e gli stessi strumenti laparoscopici necessari ad estrarre l’appendice. Questo innovativo sistema operatorio ha avuto un tale successo che è stato esteso anche ad altre patologie, un esempio, la colecistectomia, l’asportazione chirurgica della colecisti, che, effettuata con tale tecnica richiede minore degenza, minor tempo operatorio, minori complicazioni e migliore gestione del dolore post-operatorio e, quindi anche minori rischi operatori. E pensare che il suo scopritore, appunto il ginecologo Semm, dovette sottoporsi a visita psichiatrica, per dimostrare la propria sanità mentale, su richiesta dei colleghi che ritenevano che fosse fuori di testa un individuo in grado di inventarsi una tecnica così innovativa e stravagante e dovette lottare non poco contro lo scetticismo dei chirurghi che ne chiesero persino la radiazione dall'Ordine dei Medici. Ma l’ostinazione di questo medico fu così forte, da dimostrare che anche in ginecologia, la chirurgia laparoscopica potesse trovare spazio, al punto che si passò dall’appendicectomia alle ovariectomie, alla resezione di cisti ovariche e ad altre indicazioni chirurgiche della sua branca.
Tornando all'appendicite, nei Pronto Soccorso, 10 casi su 100 di dolore addominale sono ascrivibili ad appendicite. C’è anche da dire che spesso molte diagnosi sono prudenziali e si preferisce ricorrere all’ospedale che possa effettuare tutti gli accertamenti del caso atti ad escludere un evento estremo di appendicite o, eventualmente, a curare in urgenza questa malattia.
Sintomi dell’appendicite
E’ del tutto ovvio che un paziente con dolore importante addominale acuto non deve indugiare più di tanto prima di decidere di affidarsi al medico. Tant'è che è proprio il medico di famiglia, spesso e giustamente, ad indirizzarlo ai suoi colleghi ospedalieri. ciò perchè, sovente, la sintomatologia è così male espressa dallo stesso paziente che lo stesso corre il rischio di essere mandato a casa per avere esagerato i sintomi. Ma ricordiamoci i 50.000 decessi che pur sempre sono un’evenienza che giustificano il ricorso allo specialista, sopratutto in presenza di un dolore forte, costante, continuo, nella parte bassa dell’addome localizzato a destra. Questo sintomo si presenta quasi nella totalità dei casi. Lo stesso dolore che il paziente riferisce spostarsi verso l’ombelico senza per questo diminuire dalla zona del dolore iniziale destro. A volte fa la comparsa la febbre ma anche il vomito, non sempre e quando accade il dolore tende ad occupare tutto l’addome. Altro segno caratteristico, la cui individuazione è di pertinenza ovviamente medica, lo citiamo solo per maggiore informazione, è il segno di McBurney. E’ un dolore che il paziente avverte alla pressione di un punto di riferimento che interpretiamo meglio in questa foto.
Come si vede, è come se potessimo tracciare una linea fra la spina iliaca antero-superiore e l’ombelico. Suddividendo la linea virtuale in tre parti, se andiamo a premere un punto situato nella prima terza parte immaginaria di questa linea, lì riscontreremo il punto di Mc Burney che, in caso di appendicite, risulterà molto dolorante per il paziente che, addirittura, potrebbe irrigidirsi per il dolore reagendo con forza alla palpazione a volte anche urlando.
Un altro segno si palesa facendo distendere il paziente a pancia in su e chiedendogli di ruotare la coscia destra verso l’interno, anche in questo caso, nel corso di un’appendicite, il paziente avvertirà un marcato dolore. Tanto basterà al chirurgo per presumere un’appendicite acuta e predisporre analisi cliniche ed ecografia. La semplice presenza di un numero elevato di globuli bianchi nel sangue (leucocitosi neutrofila) è un importante indizio per propendere, con quasi certezza, che siamo in presenza di un’importante flogosi dell’appendice. Il referto ecografico e nei casi più dubbi e più impegnativi, tempo permettendo e presenza del paziente in un pronto soccorso attrezzato, il ricorso ad una TAC ed ad un’eventuale Risonanza Magnetica fuga ogni dubbio, ciò in quanto, in qualche caso, il solo esame obiettivo sul paziente può rendere più difficile l’eventuale diagnosi in caso di positività ricavata dall’anamnesi remota del paziente per una calcolosi renale.
Il letto operatorio è ancora l’unico vero trattamento terapeutico?
Appare del tutto ovvio che il paziente resta sempre il vero “padrone “ del proprio corpo, per cui è libero di decidere se non dar seguito all’indicazione ricevuta dal chirurgo in sede di visita o se scegliere, nell’eventualità, di farsi operare da un altro professionista. Occorrerebbe però ricordare che oggi, più di quanto accadeva ieri, quando l’indicazione terapeutica di un’appendicite era quasi esclusivamente chirurgica, vuoi per la sequela di esami da destinarsi al paziente, come visto, vuoi per le diverse metodiche applicate per un intervento di appendicectomia, laddove il medico ritenesse, quale conditio sine qua non, l’intervento di asportazione dell’appendice, sarebbe auspicabile che il malato non opponesse troppa resistenza nell’affidarsi ai ferri, ciò in quanto oggi un chirurgo ha mille ragioni più di ieri nel considerare l’ineluttabilità della scelta terapeutica.
Il chirurgo infatti potrebbe essersi reso conto che trattasi di un’appendicite acuta complicata, ciò significa che l’appendice può essersi nel frattempo rotta e/o perforata, o sta per avvenire ciò e si rischia di provocare una perdita di essudato purulento negli organi vicini, lo stomaco, l'addome e i visceri, avvolti dal peritoneo che sarà il primo ad infiammarsi rischiando una peritonite che, oltre a potersi rivelare fatale per il paziente, per il rischio di una setticemia generalizzata, laddove si dovesse intervenire con urgenza a causa di una peritonite, di fronte ad un intervento nato sicuramente in condizioni di maggiore facilità, qual è una appendicectomia su un'appendicite non complicata, si rischia di doversi fronteggiare con un intervento operatorio più rischioso, più lungo da risolvere, in quanto a degenza e dolore post operatorio per il paziente e maggiore convalescenza. Ricordiamo che la degenza per una appendicectomia non complicata di solito non supera i 3 giorni, con ripresa dell’alimentazione, entro 24 ore, stessa cosa per la mobilizzazione, ben altra cosa per una peritonite.
Ma quindi è possibile evitare il lettino operatorio?
Certo è che rispetto al passato, gli esami diagnostici più sofisticati rendono più facile una diagnosi certa di appendicite rispetto ad un’appendicite complicata, per cui non è escluso che oggi rispetto al passato sia più facile evitarsi l’intervento, sia pure, come visto, molto più soft di quello praticato fino a meno di mezzo secolo fa. Resta pur sempre un tema dibattuto il fatto di poter escludere con matematica certezza un’appendicite che oggi appare non complicata, che nel proseguo non lo possa diventare, questo fa parte dell’imponderabile. Oggi più di ieri però si propende, o meglio, una certa scuola di pensiero chirurgica, propende per un trattamento più conservativo dell’organo, anche se infiammato ma non complicato. E’ del tutto normale che in tal caso il ricorso agli antibiotici è indispensabile e questo anche se si intende procedere a breve ad un’appendicectomia da effettuarsi senza urgenza, avendo escluso la complicazione clinica.
I più recenti studi scientifici
C’è tuttavia da ricordare che, recenti studi clinici, riportano il dato che evidenzia come, su 100 pazienti che si sono sottoposti a terapia antibiotica, escludendo l’intervento chirurgico, almeno 10 finiscono sul tavolo operatorio per il fallimento della terapia. Degli altri 90 pazienti che non hanno sperimentato il fallimento delle terapie antibiotiche, 29 son finiti in sala operatoria entro 3 mesi dal primo accesso al pronto soccorso o alla visita chirurgica, i restanti 40 hanno varcato la sala operatoria entro un anno dai primi sintomi, 46, entro due anni e 49 entro tre o quattro anni. A questo risultato sono giunti i ricercatori che hanno studiato 186 pazienti, tutti affetti da appendicite non complicata in uno studio clinico definitio CODA. Ne deriva che seguendo tale studio, se è vero che oggi si conta su una più precisa diagnosi di appendicite rispetto al passato, per quanto, come visto, è possibile il ricorso alla terapia medica conservativa, vero è anche che proprio l’alta incidenza di ricadute anche a 5 anni, rende ancora d’elezione l’intervento chirurgico, non foss’altro per quella qualità della vita migliorativa per il paziente messo al riparo da altri attacchi di appendicite spesso in momenti anche complicati della sua esistenza.
Resta pur sempre da considerare il singolo paziente di volta in volta. Anche nel caso di un’appendicite complicata non è escluso che si propenda per un primo approccio farmacologico ed uno successivo chirurgico, sopratutto per quei pazienti affetti da multipatologie o giunti in condizioni di salute critiche, laddove si cerchi di ristabilire il quadro clinico generale prima di essere sottoposti ad un intervento chirurgico. I chirurghi hanno oltretutto dei propri metri di valutazione più sofisticati per propendere per l’uno o per l’altro trattamento che sono di esclusiva loro pertinenza, anche per quanto concerne la scelta dell’antibiotico da utilizzarsi.
Una cosa sola sarebbe utile consigliare. Non indugiate rispetto ad un dolore localizzato all’addome. Spesso potrebbe non voler dire che siamo affetti da una appendicite, anche se il quadro clinico risulta alquanto suggestivo e ci farebbe propendere per questa patologia. Ma ci troviamo, tuttavia, in quei casi dove a fare la differenza è la visita medica e spesso specialistica e questo discrimine può farlo solo il medico, quindi, se vogliamo sperare di stare sempre in salute e benessere, non avventuriamoci in diagnosi apprese da Internet, o qualsiasi altra fonte che non sia quella del medico, meglio ancora se specialista in chirurgia.
Bibliografia
Writing Group for the CODA Collaborative. Patient Factors Associated With Appendectomy Within 30 Days of Initiating Antibiotic Treatment for Appendicitis. JAMA Surg. 2022;157(3):e216900. doi:10.1001/jamasurg.2021.6900
A Randomized Trial Comparing Antibiotics with Appendectomy for Appendicitis. New England Journal of Medicine. 2020;383(20):1907-1919. doi:10.1056/nejmoa2014320
Alberto Enrico Maraolo, Luca Gordini
Podda M, Poillucci G, Pacella D, Mortola L, Canfora A, Aresu S, Pisano M, Erdas E, Pisanu A, Cillara N; ACTUAA study collaborative working group, Serventi F, Marini S, Sirigu D, Piga M, Coppola M, Balestra F, De Nisco C, Pazzona M, Anania M, Pulighe F, Lai A, Ottonello R, De Angelis R, Piro S, Calò PG, Podda F, Saba L, Bottino V, Dalla Caneva P, Canu L, Piras E, Deserra A, Virdis F, Gerardi C, Gordini L, Sanna S. Correction to: Appendectomy versus conservative treatment with antibiotics for patients with uncomplicated acute appendicitis: a propensity score-matched analysis of patient-centered outcomes (the ACTUAA prospective multicenter trial). Int J Colorectal Dis. 2021 Mar;36(3):599. doi: 10.1007/s00384-021-03862-5. Erratum for: Int J Colorectal Dis. 2021 Mar;36(3):589-598. PMID: 33507364.
Nessun commento:
Posta un commento
Ti preghiamo di inserire sempre almeno il tuo nome di battesimo in ogni commento