lunedì 8 maggio 2023

Apnee notturne: ecco la soluzione definitiva



Sopratutto negli ultimi tempi ci si focalizza sempre di più in quella che si definisce Sindrome delle apnee ostruttive del sonno, intendendo una parziale ostruzione delle vie respiratorie, a volte persino totale durante il sonno, con la conseguenza che vi soffre si risveglia bruscamente in preda al panico e all’angoscia. E’ una condizione clinica che colpisce in Italia ben 24 milioni di persone di età compresa tra 15 e 74 anni (54% della popolazione adulta), di cui circa 12 milioni di affetti da patologia di livello moderato-grave (27% della popolazione adulta, di cui il 65% maschi).


Diversi gli stadi della patologia che a volte restano tali e a volte si aggravano parallelamente ai cambiamenti individuali dell’individuo. La Sindrome dell’apnea notturna è più frequente nell’uomo rispetto che nella donna che, tuttavia, dopo la menopausa può andarvi incontro con più frequenza.


Cause dell’apnea notturna


C’è sicuramente una causa genetica che predispone a questa sindrome, situazioni acquisite, come l’obesità o il semplice sovrappeso, spesso unito ad abitudini di vita non del tutto corrette, sono cause aggiunte, come pasti eccessivamente abbondanti serali, eccesso di bevande alcoliche assunte prima di andare a dormire, ostruzione delle prime vie aeree, oppure l’abitudine di molti di ricorrere a sonniferi per sconfiggere l' insonnia. La conseguenza di tutto ciò è che il soggetto russa in maniera rumorosa e continua, sospendendo la respirazione per un tempo variabile che va da una manciata di secondi, in media circa 10, fino addirittura a sfiorare i tre minuti di astinenza dal respiro, con conseguenze che sono proporzionali al tempo in cui ha smesso di respirare. Una volta riaddormentatosi il problema si ripresenta più volte ogni notte.


Le conseguenze


Al risveglio, chi ha subito una crisi notturna di apnea ostruttiva del sonno, accusa un forte disagio nel cercare di concentrarsi, così come non è infrequente in questi soggetti soffrire di mal di testa, vivere la fase diurna con un fastidioso senso di sonnolenza continua, oltre ad avvertire, nei casi in cui la respirazione notturna si sia interrotta per un periodo prolungato e ad intervalli continui, un senso di angoscia e di malessere anche psicofisico e ciò anche in funzione del fatto che chi soffre di questa sindrome, risente di una transitoria ipossia cerebrale e già questo giustifica tutti i malesseri avvertiti. Durante i risvegli notturni, il paziente può andare incontro a sudorazione profusa, bisogno di fare pipì durantela notte, impotenza in altri casi e sopratutto un risveglio traumatico per via del senso di soffocamento che accompagna tale condizione clinica.


Cosa si puo’ fare per prevenirla?


L’ideale sarebbe perdere peso, in primis, così come evitare cene pantagrueliche prima di andare a dormire, così come utile sarebbe eliminare alcolici e superalcolici sopratutto la sera, fare una moderata attività fisica e se possibile non fumare
Utile, senza pensare di risolvere la situazione in toto, è l’utilizzo di cerottini nasali che in parte mitigano il russamento, allargando le narici, alleviando la congestione nasale, se vi fosse, sopratutto in corso di malattie da raffreddamento, consentendo una percentuale di ossigeno maggiore e partecipando a rendere meno penosa l’apnea ostruttiva del sonno.


Come si diagnostica


Solitamente è il paziente a riferire tutti i sintomi che lo affliggono al proprio medico, il quale può anche decidere di indirizzare il paziente verso specialisti che lo sottoporanno ad appositi esami strumentali.


Il trattamento


Per prima cosa bisogna correggere stili di vita sbagliati che sono la causa sovente di questa sindrome, come abbiamo visto sopra. Nei casi più impegnativi si può prevedere l’utilizzo del Cpap (Continuous positive air way pressure): una maschera che si applica su naso e bocca e che forza il passaggio dell'aria, facilitando il respiro. Così come, laddove si individui una causa che crei ostruzione per via di difetti congeniti o acquisiti di alcune parti anatomiche, si ricorre all’intervento chirurgico, ad esempio volto alla correzione del setto nasale deviato o all’asportazione delle tonsille ipertrofiche, a seconda del livello e del tipo di ostruzione riscontrato nelle vie aeree superiori.


Ma la vera novità è lì da venire

La soluzione definitiva alla Sindrome dell’apnea notturna potrebbe venire dal Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, con una scoperta che consiste in una sorta di pacemaker impiantabile volto a stimolare il nervo che controlla il movimento della lingua e dei principali muscoli coinvolti nella respirazione (nervo ipoglosso), al fine di mantenere aperte le vie respiratorie durante il sonno ed evitare episodi di apnea.

Esistono diversi dispositivi di stimolazione del nervo ipoglosso che danno ottimi risultati e che presto introdurremo – spiega Manuele Casale, responsabile dell’Unità operativa semplice di Terapie integrate in otorinolaringoiatria della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico – Tra questi un sistema di stimolazione unilaterale, già disponibile in Usa e in alcuni Paesi europei, che viene impiantato con intervento in anestesia generale con l’ausilio di tre piccole incisioni sul collo e sul torace e un nuovo dispositivo bilaterale, quindi potenzialmente più efficace, che non necessita di batteria ed è posizionato sul collo, sotto il mento, mediante una sola incisione”.
Sul fronte della diagnosi, presso il Policlinico si esegue da anni la sleep endoscopy, esame endoscopico delle alte vie respiratorie della durata di pochi minuti, utile individuare i siti di ostruzione responsabili delle apnee notturne e le aree di massima vibrazione tissutale alla base del russamento. È disponibile il polisonnigrafo 'usa e getta' che permette al paziente di monitorarsi a casa in totale sicurezza. Infine, è in arrivo un nuovo dispositivo domiciliare indossabile che permette in pochi minuti di estrarre paramenti diagnostici analizzando con algoritmi brevettati i suoni generati dal respiro e dal ritmo cardiaco, opportunamente registrati attraverso un sensore posto alla base del collo del paziente. Questa la nota diramata direttamente dal gruppo di ricerca del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico.

Fonte: Adnkronos

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