Quando
immaginiamo il giocatore d’azzardo stentiamo a credere che possa
esistere una persona dotata di intelligenza alla pari degli altri che
rischia di perdere un patrimonio proprio o altrui, in maniera tanto
sconsiderata.
Parliamo di un malato o
di
un soggetto che andrebbe severamente punito solo per aver messo in
pericolo se stesso e spesso persone a lui vicine per non essere
riuscito a resistere ad una sfida che il più delle volte risulta
perdente in partenza?
Ovviamente
lasciamo ogni giudizio etico su questa compulsione irrefrenabile e
basiamoci su ciò che la scienza ci dice a tal proposito. Secondo il
Cnr, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, è possibile tratteggiare
una sorta di identikit del giocatore d’azzardo e per farlo si è
ricorsi a sofisticati sistemi compresa
l’intelligenza
artificiale e ciò che emerge è che, al di là di ogni giudizio
personale, spesso dettato più dalla rabbia di chi subisce i danni da parte di un parente ludopatico, che da una distaccata
razionalità, il giocatore d’azzardo il più delle volte è un
soggetto depresso, demotivato, spesso in perenne conflitto con se
stesso e con il prossimo per il quale non nutre alcuna fiducia.
Insomma, uno psicopatico e del resto, solo uno psicopatico potrebbe
essere capace di distruggere patrimoni, famiglie, valori
, pure
mettendo a rischio la propria vita e quella degli altri a lui vicini.
Il
giocatore d’azzardo, vittima di se stesso
Nei
pochi momenti di lucidità, non sfugge il fatto che persino il più
accanito giocatore d’azzardo non rifletta per un attimo sulla
propria pessima condotta di vita. Perdere il controllo delle proprie
azioni, perdere la dignità e la
sia pur
minima affidabilità nei confronti dei propri familiari, non può non
avere coinvolgimenti devastanti sulla vita di un ludopatico, a partire dalla depressione, che finisce con l’impossessarsi della
vita di questi malati dando loro quel senso di inutilità da una
parte per
la propria
esistenza fino a costringerli in un tunnel dal quale, dopo essersi
infilati, si crede di non poterne più venir fuori. Oggi impegnati in
maniera quanto mai determinata sulle soluzioni per curare il
giocatore d’azzardo, sono le neuroscienze e il dispendio di energia
e di risorse da parte di questa branca della scienza è enorme, vista
l’enormità dei problemi che gravitano attorno a questi malati e
vista anche l’aumento della ludopatia che sta divenendo una piaga
sociale. Secondo la neuroscienza esisterebbero
una serie
di fattori che combinati fra di essi determinerebbero
e peggiorerebbero
la patologia.
L’origine
genetica
Indagare
la malattia anche da un punto di vista genetico è quanto mai utile,
visto che il combinato disposto di fattori che traggono origine dalla
nascita e si sviluppano all’interno di certi contesti risulta utile
per cercare di diagnosticare e curare il ludopatico. Così come
elementi centrali sembrano anche fattori neurobiologici e
comportamentali che insieme innescano il meccanismo esplosivo
patologico.
Quando, secondo i ricercatori, questi fattori si uniscono fra di essi
esiste già il terreno fertile da
cui trae origine
il vizio del gioco. L’identikit di cui si parlava potrebbe essere
così completo. Il giocatore d’azzardo risulta essere una persona
debole, psicologicamente parlando e quindi vulnerabile, che se vive
all’interno di situazioni conflittuali, quali il disagio sociale,
traumi
psicologici mai risolti, potrebbe sviluppare, laddove
vi sia una predisposizione di base, appunto genetica, la malattia
che, tuttavia, per potersi completare e conclamarsi ha bisogno degli
ultimi ingredienti quali ad esempio
le
disfunzioni cerebrali e genetiche del sistema dopaminergico, i
gambler patologici hanno ancheun
profilo di personalità disfunzionale, sono cioè più vulnerabili
alle situazioni sociali che invitano al gioco.
I
ricercatori dall’Istituto
di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle
ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, a cui ha partecipato l’Università
della Calabria,
il cui lavoro è stato pubblicato sulla rivista Journal
of Neuroscience Methods.
sono
ricorsi all’intelligenza artificiale per identificare, prendendo in
esame giocatori d’azzardo in cura, uno
specifico costrutto di personalità.
Per
giungere a ciò sono stati inseriti in un apposito database 160
persone che non hanno mai giocato con 40 giocatori incalliti e si
sono messe a confronto le reazioni dei singoli partecipanti ai test
cui sono stati sottoposti tutti.
Successivamente
sono stati studiati i tratti caratteristici della personalità di
tutti i soggetti sani con quelli dei malati e il risultato è stato
quello che ha consentito di
classificare otto giocatori
su
dieci descrivendo
anche i seguenti
sotto-tratti: bassa
apertura mentale; bassa coscienziosità; bassa fiducia negli altri;
ricerca di emozioni positive; elevato tratto depressivo e impulsivo.
“Una persona con queste caratteristiche rischia la vulnerabilità
verso questa patologia psichiatrica” -
hanno
concluso i ricercatori.
Lo
studio è molto importante perché non si è rivolto solo al
giocatore d’azzardo per curarlo e guarirlo dalla sua patologia, ma
sopratutto i risultati del lavoro scientifico son
serviti
a prevenire la malattia prima ancora dei suoi esordi.
“L’avanzamento apportato dai modelli multivariati che abbiamo utilizzato è la conoscenza dell’esatta struttura multidimensionale del profilo di base di un giocatore. Un po’ come dire che la malattia è legata all’alterazione di uno o più geni”, commenta Cerasa.“Lo scopo di queste ricerche è creare strumenti sempre più sensibili per riconoscere un disturbo prima che esso si manifesti in tutta la sua gravità. Da anni il nostro istituto di ricerca è impegnato nello sviluppo di innovativi sistemi per migliorare la pratica clinica”, ha commentato il responsabile della sede di Catanzaro dell’Ibfm-Cnr Aldo Quattrone.
Fonte
: Help Consumatori
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