lunedì 4 febbraio 2019

Gioco d'azzardo: CNR sviluppa identikit del giocatore, la malattia si può prevenire




Quando immaginiamo il giocatore d’azzardo stentiamo a credere che possa esistere una persona dotata di intelligenza alla pari degli altri che rischia di perdere un patrimonio proprio o altrui, in maniera tanto sconsiderata. Parliamo di un malato o di un soggetto che andrebbe severamente punito solo per aver messo in pericolo se stesso e spesso persone a lui vicine per non essere riuscito a resistere ad una sfida che il più delle volte risulta perdente in partenza?

Ovviamente lasciamo ogni giudizio etico su questa compulsione irrefrenabile e basiamoci su ciò che la scienza ci dice a tal proposito. Secondo il Cnr, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, è possibile tratteggiare una sorta di identikit del giocatore d’azzardo e per farlo si è ricorsi a sofisticati sistemi compresa l’intelligenza artificiale e ciò che emerge è che, al di là di ogni giudizio personale, spesso dettato più dalla rabbia di chi subisce i danni da parte di un parente ludopatico, che da una distaccata razionalità, il giocatore d’azzardo il più delle volte è un soggetto depresso, demotivato, spesso in perenne conflitto con se stesso e con il prossimo per il quale non nutre alcuna fiducia. Insomma, uno psicopatico e del resto, solo uno psicopatico potrebbe essere capace di distruggere patrimoni, famiglie, valori , pure mettendo a rischio la propria vita e quella degli altri a lui vicini.

Il giocatore d’azzardo, vittima di se stesso


Nei pochi momenti di lucidità, non sfugge il fatto che persino il più accanito giocatore d’azzardo non rifletta per un attimo sulla propria pessima condotta di vita. Perdere il controllo delle proprie azioni, perdere la dignità e la sia pur minima affidabilità nei confronti dei propri familiari, non può non avere coinvolgimenti devastanti sulla vita di un ludopatico, a partire dalla depressione, che finisce con l’impossessarsi della vita di questi malati dando loro quel senso di inutilità da una parte per la propria esistenza fino a costringerli in un tunnel dal quale, dopo essersi infilati, si crede di non poterne più venir fuori. Oggi impegnati in maniera quanto mai determinata sulle soluzioni per curare il giocatore d’azzardo, sono le neuroscienze e il dispendio di energia e di risorse da parte di questa branca della scienza è enorme, vista l’enormità dei problemi che gravitano attorno a questi malati e vista anche l’aumento della ludopatia che sta divenendo una piaga sociale. Secondo la neuroscienza esisterebbero una serie di fattori che combinati fra di essi determinerebbero e peggiorerebbero la patologia.

L’origine genetica

Indagare la malattia anche da un punto di vista genetico è quanto mai utile, visto che il combinato disposto di fattori che traggono origine dalla nascita e si sviluppano all’interno di certi contesti risulta utile per cercare di diagnosticare e curare il ludopatico. Così come elementi centrali sembrano anche fattori neurobiologici e comportamentali che insieme innescano il meccanismo esplosivo patologico. Quando, secondo i ricercatori, questi fattori si uniscono fra di essi esiste già il terreno fertile da cui trae origine il vizio del gioco. L’identikit di cui si parlava potrebbe essere così completo. Il giocatore d’azzardo risulta essere una persona debole, psicologicamente parlando e quindi vulnerabile, che se vive all’interno di situazioni conflittuali, quali il disagio sociale, traumi psicologici mai risolti, potrebbe sviluppare, laddove vi sia una predisposizione di base, appunto genetica, la malattia che, tuttavia, per potersi completare e conclamarsi ha bisogno degli ultimi ingredienti quali ad esempio le disfunzioni cerebrali e genetiche del sistema dopaminergico, i gambler patologici hanno ancheun profilo di personalità disfunzionale, sono cioè più vulnerabili alle situazioni sociali che invitano al gioco.

I ricercatori dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, a cui ha partecipato l’Università della Calabria, il cui lavoro è stato pubblicato sulla rivista Journal of Neuroscience Methods. sono ricorsi all’intelligenza artificiale per identificare, prendendo in esame giocatori d’azzardo in cura, uno specifico costrutto di personalità.

Per giungere a ciò sono stati inseriti in un apposito database 160 persone che non hanno mai giocato con 40 giocatori incalliti e si sono messe a confronto le reazioni dei singoli partecipanti ai test cui sono stati sottoposti tutti.

Successivamente sono stati studiati i tratti caratteristici della personalità di tutti i soggetti sani con quelli dei malati e il risultato è stato quello che ha consentito di classificare otto giocatori su dieci descrivendo anche i seguenti sotto-tratti: bassa apertura mentale; bassa coscienziosità; bassa fiducia negli altri; ricerca di emozioni positive; elevato tratto depressivo e impulsivo. “Una persona con queste caratteristiche rischia la vulnerabilità verso questa patologia psichiatrica” - hanno concluso i ricercatori. Lo studio è molto importante perché non si è rivolto solo al giocatore d’azzardo per curarlo e guarirlo dalla sua patologia, ma sopratutto i risultati del lavoro scientifico son serviti a prevenire la malattia prima ancora dei suoi esordi.

L’avanzamento apportato dai modelli multivariati che abbiamo utilizzato è la conoscenza dell’esatta struttura multidimensionale del profilo di base di un giocatore. Un po’ come dire che la malattia è legata all’alterazione di uno o più geni”, commenta Cerasa.“Lo scopo di queste ricerche è creare strumenti sempre più sensibili per riconoscere un disturbo prima che esso si manifesti in tutta la sua gravità. Da anni il nostro istituto di ricerca è impegnato nello sviluppo di innovativi sistemi per migliorare la pratica clinica”, ha commentato il responsabile della sede di Catanzaro dell’Ibfm-Cnr Aldo Quattrone.


Fonte : Help Consumatori

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