Fino adesso quando ci si
riferisce all’“ombrello protettivo” della donna nei confronti delle malattie
cardiovascolari e non solo, si è fatto cenno a quegli ormoni secreti durante il
periodo fertile dalla donna stessa mancati i quali con la menopausa, i rischi
cui la donna si espone sono uguali se non addirittura maggiori a quelli corsi
dall’uomo durante tutta la propria esistenza, con punte di rischio che si
elevano nella fascia d’età che va dai 45 ai 55 anni. Ma se anche per l’uomo la
natura avesse pensato ad un ombrello protettivo?
Secondo recenti studi portati
avanti dalla Società Italiana di Andrologia, anche il maschio avrebbe il suo
“Santo protettore”, grazie al ruolo detenuto da un ormone che si ritrova in maggior misura
nell’uomo rispetto alla donna qual è il testosterone. Gli esperti andrologi non
avrebbero più dubbi, se l’uomo, in particolar modo dopo i 50 anni, rivolgesse
la propria attenzione ai valori di tale ormone, stando attento a che questi non
vadano mai al di sotto dei livelli di guardia, potrebbe avere la speranza di
invecchiare bene e di prevenire le temibilissime malattie cardiovascolari,
infarti ma anche ictus, spesso con conseguenze infauste.
Tale inedita constatazione
potrebbe aprire la strada a nuovi scenari preventivi, dove la ricerca dei
valori dell’ormone potrebbe essere inserita nei normali screening di controllo
consigliati al sesso maschile. Non hanno più dubbi, a proposito del ruolo
protettivo del principale ormone sessuale maschile, studiosi del calibro di
Bruno Giammusso, Responsabile dell’Unità Operativa di Andrologia
dell’Università di Catania e Segretario della SIA - Società Italiana di
Andrologia, il quale annette non solo importanza al testosterone nell’ambito del
ruolo che la stessa sostanza esercita nella funzione sessuale e della
riproduzione, un ruolo questo ampiamente dimostrato, ma, per quanto concerne le
nuove acquisizioni, al ruolo che lo stesso ormone si sarebbe ritagliato quale
scudo contro le gravi patologie cui il sesso “forte” è funestato dopo una certa
età. Tanto è vero che la cosiddetta andropausa, che coincide con il calo del
testosterone nell’uomo non più giovanissimo, è sovente accompagnata da quelle
manifestazioni, alcune patologiche, quali possono essere l’obesità, il diabete,
con tutto quanto annesso, a partire dagli infarti e culminando con l’ictus.
Grazie agli studi condotti
ultimamente, il testosterone sarebbe capace di creare quella vasodilatazione a
livello di arterie fondamentali come l’aorta e dunque prevenendo quelle
malattie che possono confidare proprio sulla possibilità di poter contare su
un’espansione delle arterie, come si evidenzierebbe in quei pazienti dove la
sofferenza cardiaca potrebbe ricondursi proprio alla scarsa concentrazione del
testosterone in questi malati. Ma c’è di più, atteso che si sarebbe stabilito
che l’andropausa sia foriera di diverse patologie, quali di fatto il diabete e
considerato che in questa fase della vita dell’uomo si assiste al calo dei
valori di testosterone, potrebbe anche spiegarsi in questo modo il
peggioramento della malattia diabetica in quei pazienti laddove si sia
assistito ad un calo importante dei livelli dell’ormone nel sangue di queste
persone capace di peggiorare il recupero della glicemia da parte dell’organismo
e la secrezione di insulina da parte del pancreas, anche in funzione di un
inedito ruolo svolto dal testosterone nei confronti della cellula pancreatica
produttrice di insulina, come dimostrerebbe
uno studio messicano collaterale.
Ma la ricerca della Società
Italiana di Andrologia avrebbe anche dimostrato che il principale ormone
sessuale maschile svolge anche un’altra funzione di tipo antiossidativo.
Ovvero, si oppone allo sviluppo di quei radicali liberi in grado di provocare
invecchiamento precoce esponendo il soggetto alle malattie. Lo dimostra anche
la constatazione di come, laddove tale sostanza sia inserita all’interno di un programma terapeutico, le performance della
persona che si sia sottoposta a cura con testosterone sono migliorate.
Eppure, il calo del testosterone
nell’uomo oltre una certa soglia d’età è un fenomeno molto comune, visto che
dopo i 45 anni si assiste ad una caduta di tale ormone in 40 uomini su cento.
Uno studio effettuato dal Dipartimento di Fisiopatologia Clinica
dell’Università di Firenze e condotto su 1.806 uomini punta proprio il dito
sull’evidenza di come nel 20% degli uomini che manifestavano intorno ai 50 anni
di età sintomi quali alterazioni del sonno, irritabilità, sudorazioni,
riduzione della forza muscolare, umore depresso, si erano osservati cali di
testosterone in forma di grado medio severo. Nei soggetti dove la carenza di
tale ormone era ancora più severa, si assisteva nel 31% dei casi a calo della
libido e nel 44,7% dei casi, al calo delle prestazioni sessuali. Ma attenzione,
avvertono i ricercatori. Il testosterone va corretto quando sia acclarato che
il soggetto sia carente dell’ormone e non laddove si vogliano migliorare le
proprie prestazioni, indipendentemente dalla quota di testosterone detenuta nel
sangue.
"Somministrare testosterone a un soggetto con normali valori ormonali –ha dichiarato Giammusso - non produce alcun miglioramento del quadro metabolico e cardiovascolare, ma rappresenta al contrario un potenziale rischio di effetti collaterali”. Per non contare che la valutazione circa l’esigenza di introdurre l’ormone dall’esterno è solo affidata al medico che “ porrà anzitutto le indicazioni, sulla base di un semplice esame del sangue, ed effettuerà le valutazioni necessarie per escludere le principali controindicazioni: tumore della prostata, policitemia (eccessivo numero di globuli rossi nel sangue), apnea notturna”, ha concluso il ricercatore.
"Somministrare testosterone a un soggetto con normali valori ormonali –ha dichiarato Giammusso - non produce alcun miglioramento del quadro metabolico e cardiovascolare, ma rappresenta al contrario un potenziale rischio di effetti collaterali”. Per non contare che la valutazione circa l’esigenza di introdurre l’ormone dall’esterno è solo affidata al medico che “ porrà anzitutto le indicazioni, sulla base di un semplice esame del sangue, ed effettuerà le valutazioni necessarie per escludere le principali controindicazioni: tumore della prostata, policitemia (eccessivo numero di globuli rossi nel sangue), apnea notturna”, ha concluso il ricercatore.
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