Continuano le ricerche in ambito alla rigenerazione del
tessuto cardiaco danneggiato da un infarto di grandi proporzioni mediante
l’impianto di cellule staminali quale proseguo di una tecnica iniziata nel 2007
dal CNR Inbb e Ospedale S.Orsona di Bologna.
Come sappiamo le cellule staminali posseggono l’importante
caratteristica di differenziarsi una volta impiantate nel tessuto che dovrà
ospitarle. Nei fatti significa che una qualsiasi cellula staminale, indipendentemente
dal tessuto di provenienza, si adatta a quello ove viene impiantata dando
origine successivamente a nuove cellule peculiari del tessuto stesso e dunque
riformando quello nuovo. Il che significa che domani potremmo anche assistere
alla rigenerazione di aree sempre più vaste di tessuto capaci di riformare
parti sempre più importanti di un organo seriamente compromesso da una malattia
o da un infortunio.
Nel caso però degli studi svolti dal CNR su topi da
laboratorio, si è attuata una tecnica ancora più sofisticata, ovvero, si è
proceduto con un trapianto di cellule orientate ex vivo, il che significa
trattare in laboratorio e prima dell’impianto la cellula con un composto
contenente tre acidi insieme in modo da prepararla al differenziamento cardiovascolare
una volta trapiantata. Il risultato è stato quello di assistere a cellule che
una volta impiantate si sono differenziate ben presto in quel tessuto
costituente i vasi coronarici, compresi i tessuti di rivestimento di quest’ultimi,
l’endotelio, ad esempio.
Insomma, si è assistito ad una vera e propria ricostituzione
di nuovo tessuto cardiaco e vascolare rigenerato che è andato a sostituire
quello andato distrutto dall’infarto e, per di più, in maniera del tutto
naturale, il che significa aver ricostituito in laboratorio e successivamente
in sede di nuovo impianto, gli stessi meccanismi biologici che si osservano in
natura, ovvero, la nascita di nuovi vasi da parte del tessuto che ha ospitato
le nuove cellule.
Ci si chiede a questo punto se, come di fatto avviene nei
tradizionali trapianti, si è presentata anche in questo caso la necessità di
procedere ad un trattamento antirigetto mediante somministrazione di farmaci
immunosoppressori, che di fatto ha da sempre rappresentato il grosso limite dei
trapianti d’organo. Assolutamente no, hanno detto i ricercatori, grazie alla
particolarità offerta dalle cellule impiantate l’organismo ricevente ha del
tutto tollerato la cellula “ospite”.
I ricercatori hanno definito la realizzazione della nuova molecola
di tipo a “logica differenziativa”, il che significa aver creato in laboratorio
cellule staminali orientate, opportunamente trattate ed in grado, una volta in
sito, di differenziarsi producendo tessuto sano del tutto autonomamente
ricucendo in questo modo gli strappi determinati dall’infarto. Ricordiamo che
parliamo di cellule staminali provenienti da placenta a termine, quel tessuto che
fa parte di un organo che viene eliminato dopo il parto.
Lo studio è particolarmente interessante da un punto di vista
scientifico, perché avrebbe dimostrato l’efficacia determinata ai fini della
guarigione del paziente ricorrendo a trapianto di cellule eterologhe, ovvero,
provenienti nello specifico, da un donatore che non sia lo stesso organismo del
ricevente, cosa che per molti anni ha rappresentato il grosso limite della
ricerca rimasta all’interno di scenari che, in fatto di cellule staminali,
prevedeva la sola prospettiva di un trapianto autologo di queste
cellule.
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