venerdì 27 gennaio 2023

Statine: recenti studi dimostrano come si oppongano al Morbo di Parkinson



Che le statine, noti farmaci nati per abbassare gli alti livelli di colesterolo, si siano imposte nel tempo grazie all’efficacia da sempre dimostrata, è un fatto indubbio. Ciò che forse è meno noto è il fatto di sapere che tali farmaci, nelle diverse formulazioni nel tempo che si sono avvicendate, sono diventati importanti presidi terapeutici quanto mai poliedrici. Ultimamente, ad esempio, si è vista una loro caratteristica che è quella di contrastare l’insorgenza del Morbo di Parkinson, sopratutto in pazienti anziani.

Le statine infatti, hanno dimostrato importanti funzioni nel contrasto delle malattie cardiovascolari, delle malattie neoplastiche e oggi si è visto che svolgerebbero una importante funzione anche nella prevenzione di malattie neurodegenerative, come appunto, il Morbo di Parkinson, contribuendo efficacemente, almeno così sembra di capire, nella riduzione dell'accumulo di placche nel cervello.

Lo studio scientifico è stato svolto da ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago Illinois (USA) che hanno valutato su 2841 partecipanti di età media di 76,3 anni, di cui il 75% donne, di cui un terzo assuntori di statine in tutto il gruppo di studio, l'uso sistematico di tale farmaco nel tempo. Tutti i partecipanti sono stati seguiti, ai fini dello studio, per poco meno di sei anni e controllati sanitariamente ogni anno al fine di riscontrare lo stato di salute di ognuno. 

A conclusione dei lavori scientifici si è visto che il 50% dei partecipanti ha sviluppato parkinsonismo, parliamo di 1432 pazienti, constatando che fra coloro che assumevano le statine e stiamo parlando di 936 partecipanti, il rischio di incorrere nel Morbo di Parkinson era sceso del 16% rispetto a coloro che non assumevano tale farmaco.

Ma lo studio scientifico non si è fermato qui. Dopo aver stabilito che l’età media dei partecipanti, a fine lavoro scientifico, sfiorava i 90 anni, nell'analisi post mortem, si è indagato sull'aterosclerosi dei grandi vasi del circolo di Willis; studi precedenti avevano indicato che l'aterosclerosi grave in questa regione del cervello è collegata a rapido e progressivo parkinsonismo, più rapido declino cognitivo e più grave iperintensità della sostanza bianca. Quinsi si è assistito anche ad una probabilità inferiore, pari al 37%, di incorrere in aterosclerosi rispetto a coloro che non facevano uso di statine. E’ stata quindi studiata la dose di farmaco assunta dai partacipanti allo studio, concludendo che coloro che assumevano maggiori dosi, rispetto a quelli che assumevano farmaci a più basso dosaggio, avevano un rischio ridotto del 7% si incorrere nella malattia di Parkinson.

I lavori scientifici non hanno solo dimostrato come le statine si oppongano al meglio al Parkinson, ma hanno anche concluso come sia lo stesso Parkinson a creare le condizioni, come eventuale concausa, nell'esordio o nell'aggravamento dell'aterosclerosi cerebrale in età avanzata. Ne deriva pertanto che l’uso delle statine completa l’approccio terapeutico anche in pazienti che si avvicinano alla terza età.


Fonte: Neurology, 2022 
Neuro2022 Farma2022

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