Se
ci si riflette, paragonando il numero di persone allergiche oggi a
quelle di un trentennio fa, ci si accorge che i pazienti in cura per
le allergie sono aumentati di numero in modo vertiginoso. E' ovvio
che in tre decenni migliorano anche i metodi di indagine e relativa
diagnosi di malattia al punto che molti in passato, pur essendo
allergici, sfuggivano alla diagnosi, ma la verità è anche un'altra
ed è tutt'altro che incoraggiante. I casi di allergia oggi sono
aumentati in modo esponenziale coinvolgendo soggetti che in altra
epoca, probabilmente, non si sarebbero ammalati. Di chi la colpa?
Dell'inquinamento, in primis, dei cambiamenti climatici in seconda
battuta.
Pare
infatti che gli inquinanti dispersi nell'aria aumenterebbero il
potenziale allergico dei pollini, così come, i disordini climatici
che, per inciso, nel nostro pianeta si sono sempre verificati, anche
quando l'uomo non aveva fatto la sua comparsa sulla terra, creano le
condizioni per nuove allergie. L'evidenza più grave è rappresentata
dal fatto che questi nuovi soggetti allergici si presentano con crisirespiratorie, per lo più caratterizzate da veri e propri attacchi d'asma in piena emergenza sanitaria, oppure si assiste alla stessa
evidenza in soggetti già allergici con una esacerbazione
dell'affezione che si manifesta in pochissimo tempo, come avvenuto
in molte parti del mondo dove si sono riscontrati in periodi
dell'anno non particolarmente interessati da emergenze sanitarie a
questo tipo di picchi importanti che hanno reso necessario l' accesso
in urgenza ai pronto soccorso.
Secondo
il giornale The Guardian, ciò che lega queste urgenze sanitarie è
l'inquinamento ed i cambiamenti climatici. Ne è convinto Gennaro
D'Amato il
maggior esperto e studioso a livello mondiale di questo fenomeno.
D’Amato, insieme a Claudia Afferni, è autore dello studio dell’ISS
pubblicato di recente su Annals of Allergy, Asthma & Immunology
che accende i riflettori sul
legame
fra inquinamento, cambiamenti climatici e allergie.
Rifacendosi a quanto accaduto in Australia dove si sono riscontrati
ben 8.500 accessi al pronto soccorso in più in una città come
Melbourne tutti interessati da grave crisi d'asma respiratoria di fatto mai accaduto prima, con questi volumi. Lo studioso ha messo in
relazione il fenomeno con un altro verificatosi a Londra 25 anni fa,
quando, dopo un forte temporale, avvenne più o meno la stessa cosa
accaduta in Australia, con picchi anche allora di ben dieci volte
superiori al normale.
Ci sono, ha spiegato lo studioso, una serie di caratteristiche comuni alle epidemie di asma, fra le quali il fatto che sono strettamente legate all’insorgenza di temporali, limitati a un periodo compreso fra la fine della primavera e l’estate quando ci sono forti livelli di polline nell’aria, ed esordiscono in prossimità dell’arrivo del temporale e con un forte aumento di concentrazione di polline.
Ne
deriva che è stato elaborato uno studio che ha messo in risalto il
potenziale allergico dei pollini all'interno di un punteggio per
aggressività, constatando come all'aumentare dell'inquinamento e
dei cambiamenti climatici, aumenta anche lo stesso potenziale dei
pollini.
“Lo
studio – afferma Claudia Afferni, ricercatore del Dipartimento di
Malattie Infettive, Parassitarie e Immuno-mediate dell’ISS e
autrice dello studio insieme con il Prof. Gennaro D’Amato –
raccoglie per la prima volta dati che evidenziano gli
effetti di alcuni inquinanti atmosferici, quali ozono, ossido
nitrico, anidride carbonica e materiali particolati derivati da
traffico veicolare, e alcuni stress climatici come disidratazione o
repentine variazioni di temperatura e pressione atmosferica su
pollini di piante allergeniche. L’analisi di questi dati rivela che
molti
inquinanti sono in grado di indurre nei pollini un aumento nella
espressione di proteine allergeniche o
di sostanze dotate di attività immunomodulatoria”.
Resta
da capire a quanto ammonta il numero di persone allergiche in Europa.
Secondo recenti studi parliamo di una popolazione di soggetti
allergici che è prossima ai 30 milioni di pazienti fra bambini e
adulti giovani, la cui età è al di sotto dei 40 anni. Ma, ciò
che inquieta è un altro dato, quello che considera molto probabile
che fra una quindicina di anni, in Europa l'incidenza di una
qualsiasi patologia allergica sarà di una persona su due, ovvero
metà della popolazione europea sarà allergica, ovviamente
considerando anche le allergie minori, fatto questo tutt'altro che
tranquillizzante.
Fonte:
Help Consumatori
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