Una
malattia diffusa come una pandemia, la depressione, che colpisce
nella sola Italia ben 3 milioni di persone con una percentuale di
soggetti colpiti che rasenta persino il 7% della popolazione, fra
casi accertati ed in corso di accertamento ed in Europa il numero
giunge a livelli stellari, ben 40 milioni di pazienti affetti da
questa malattia, cui aggiungere quei casi che sfuggono al controllo
delle medicina. Eppure, qualcuno si ostina a ritenere questa
patologia uno stato dell’umore e non una patologia a tutti gli
effetti.
Ma
il futuro per questa malattia è tutt’altro che roseo, se solo
pensiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la SocietàItaliana di Psichiatria stima che nel 2030 la depressione potrebbe
assurgere a prima malattia invalidante al mondo con tutto ciò che ne
consegue. Risulta quanto mai importante sensibilizzare la comunità
internazionale sui temi cruciali di questa malattia. Perchè se è
vero che di depressione si può guarire, vero è anche che esistono
oggi i mezzi per prevenire questa triste condizione patologica
dell’organismo. Per far ciò occorre che la gente sappia che
parliamo di una malattia, alla stregua di malattie organiche più
visibili perché contrassegnate da sintomi più palesi rispetto
a
quanto possa avvenire con la depressione che non si presenta con
febbre, dolori fisici o quant’altro sintomi
ascrivibili
a
quelle patologie per le quali esiste una cura tangibile. Ciò non
toglie che la depressione causa grande sofferenza in chi ne è
affetto e per
chi
si prende cura del paziente, medici, familiari e quant’altro. Per
far ciò l’approccio iniziale deve essere quanto mai mirato. Non
bisogna aver paura di considerare centrale il ricorso al medico di
base e successivamente allo psichiatra che oggi dispone di mezzi
terapeutici
in grado di fronteggiare la malattia, così come di supporto dovranno
essere strumenti quali
psicoterapie, terapie somatiche combinate tra di loro o poste in
modalità sequenziale.
Tutto
chiaro, dunque? Per niente, oggi su tre malati di depressione solo
uno riceve i giusti trattamenti terapeutici per il solo fatto che gli
altri due pazienti stanno alla larga dagli operatori sanitari in
gradi di curare la malattia, col rischio di patire la cronicizzazione
della patologia e rendere più difficoltose le cure che a volte
diventano persino difficilmente praticabili.
Quali
sono i soggetti più a rischio di incorrere nella depressione?
Secondo
la Società
Italiana di Psichiatria,
la depressione è più accentuata nelle persone con condizioni socio
economiche e scolarità basse. Sono maggiormente esposte le persone
che hanno subito abusi, bullismo, violenza, separazioni, divorzi, con
una storia familiare che li predispone o patologie croniche come
diabete, ipertensione, cardiopatie, malattie endocrine e autoimmuni.
Ma
in
questo scenario ad essere maggiormente colpito dal male oscuro è la
donna, che rispetto all’uomo corre un rischio doppio di ammalarsi
in determinate fasi della sua vita, ovvero, in concomitanza con il
menarca,
durante
il periodo perinatale
e
nel periodo
che precede la menopausa. Se poi aggiungiamo anche la depressionepost partum capiamo bene come questa malattia abbia una diffusione
significativa nella donna nei diversi momenti della sua vita. Anche
perché un ruolo principale in questi casi giocano gli ormoni
rilasciati in misura maggiore e in maniera più disordinata
nell’organismo femminile. Anche in questo caso, l’apporto del
medico e dello specialista risultano efficaci nel contrasto della
patologia. Ma è proprio da qui che si deve partire, non considerare
più la depressione un semplice stato d’animo passeggero
risolvibile con il solo allontanamento dei fattori che l’hanno
scatenata. La depressione è una malattia che si cura con i farmaci
insieme al protocollo terapeutico che medici, psicologi e
psicoterapeuti intendono adottare. Altri rimedi sono solo palliativi
che se restano tali finiscono per rendere la depressione una malattia
dalle indicibili sofferenze per chi ne soffre.
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