Viviamo
un’epoca contrassegnata dalla fretta, il che si riverbera, a tavola, anche
nella necessità di accedere a cibi pronti o precotti o, ancora, inscatolati, se
non surgelati, che proprio per la facilità di preparazione e per i ridotti tempi
di cottura, devono detenere nella loro consistenza un certo numero di sostanze
chimiche cosiddette additivi alimentari.
Gli
additivi null’altro sono che sostanze che vengono aggiunte in sede di
lavorazione industriale col ruolo di modificare, conservare, rendere più
appetibile e spesso presentabile, ciò che mangiamo. Ormai sono davvero pochi quegli
alimenti dove non vi sia ricorso agli additivi, che ricordiamo sono molto
presenti anche in formaggi, salumi, scatolame, prodotti da forno, merende,
conserve animali o vegetali, dolciumi e quant’altro. Basta d’altro canto un
giro rapido in qualsiasi supermercato per rendersi conto di questa realtà. E’
sufficiente infatti leggere il contenuto degli alimenti di più larga diffusione
nelle nostre tavole, per fare la conoscenza con i conservanti, gli
stabilizzanti, i dolcificanti, gli addensanti, i coloranti, gli esaltatori di sapore,
tutte sostanze che entrano a gran titolo nella categoria degli additivi
alimentari.
Sicuramente
in molti storceranno il muso di fronte a queste sostanze chimiche, qualcuno
ricorderà i sani alimenti di una volta che venivano consumati al riparo dalle
sostanze additive. Ma come si potrebbe oggi tornare alla vecchia tavola se per
esigenze di tempo e a volte anche di natura economica, siamo costretti a fare
scorta di cibo per consumarlo poi nel tempo? Ne deriva che oggi è impossibile
abbandonare la strada degli additivi anche se, bisognerebbe prestare attenzione
a quegli alimenti dove il ricorso agli additivi è ammesso col solo scopo di
rendere gradevole un piatto che gradevole non sarebbe, dove la qualità del prodotto
è tanto scadente che se gli ingredienti non fossero miscelati agli additivi
nessuno li comprerebbe. Questo, purtroppo, è anche il prezzo da pagare in una
Società dei consumi dove l’acquisto è troppe volte mediato da diversi fattori,
oggi in primis il prezzo e in un periodo storico contrassegnato da una
fortissima crisi economica, sono in troppi a non poter più privilegiare la
qualità anche se trattasi di un prodotto alimentare, dovendo per prima cosa
calcolare il costo che questo ha e l’incidenza globale che la merce dentro il
carrello detiene all’interno del budget familiare.
Poiché la merce scadente che,
grazie all’azione degli additivi diviene accettabile ha spesso un rapporto
qualità prezzo che tende al minimo, ogni qualvolta nella scelta degli alimenti
ci si imbatte in un prodotto che, indipendentemente dalle offerte di quel
centro commerciale, ha un prezzo troppo basso, dovremmo cominciare a dubitare
che la qualità di quell’alimento è volutamente “gonfiata” dall’eccessivo
ricorso agli additivi.
Chiaramente senza alcuna volontà di generalizzare.
Tuttavia,
non è possibile per un produttore di sostanze alimentari ricorrere ad ogni tipo
di additivi senza il rispetto delle Leggi e dei Regolamenti in materia che
sostanzialmente definiscono delle liste positive delle sostanze utilizzabili,
le condizioni di uso ed anche le loro caratteristiche chimico-fisiche. La
possibilità o meno di utilizzare un determinato prodotto o sostanza chimica
come additivo alimentare dipende dalla sua efficacia per l’uso previsto e,
soprattutto dalla sua sicurezza per i consumatori.
Ma la domanda è.... gli additivi fanno male alla
salute?
In
linea di principio, meglio sarebbe che le sostanze chimiche stessero lontane il
più possibile dai cibi. Oltretutto il ricorso agli additivi ha pure modificato
la nostra percezione dei sapori, col risultato che se oggi, soprattutto i
bambini consumassero cibi per nulla trattati finirebbero per non riconoscerli e
dunque per non mangiarli. Ma al di là di questa considerazione, non possiamo,
come abbiamo visto, fare a meno degli additivi. Si tratta semmai di capire le
quantità che questi devono avere una volta all’interno della confezione. Poiché,
come abbiamo saputo, esistono le Leggi in materia, il consumatore deve essere
messo a conoscenza che un importante parametro di sicurezza alimentare di un additivo
è quello che rispetta la sigla ADI, ovvero, la quantità di uno o più additivi che
una persona può assumere ogni giorno senza correre alcun pericolo per la propria salute. E non solo,
come accade con ogni altra sostanza, anche per gli additivi vale la regola che
vuole che sia il mondo scientifico ad
attenzionare nel tempo queste sostanze rilevando, al variare delle sempre nuove
conoscenze, la salubrità o meno ed imponendo ai produttori l’osservanza di
nuovi parametri ammessi dalle normative. Il risultato è che alcuni additivi che
un tempo si ritenevano innocui oggi non lo sono più, almeno nelle quantità fino
a ieri ammesse e dunque, si è provveduto
a inserire alcune sostanze chimiche nel novero di quelle ritenute critiche per
la salute abbassandone dunque la concentrazione per alimento.
Dal
canto suo l’Unione Europea ha incaricato l’EFSA di revisionare tutti gli additivi
attualmente autorizzati negli alimenti, definendo anche un calendario che
prevede il termine del lavoro entro il 2020. All’interno di questa nuova
classificazione, ad esempio, il primo posto spetta al dolcificante aspartame
alla luce dell’eventuale possibilità che non sia del tutto innocuo come si
pensava un tempo, allo stesso modo in cui si è fatto con alcune sostanze
iscritte in apposite black list da valutare per la loro supposta tossicità,
oppure se a loro volta trattate con eventuali altre sostanze chimiche risultate
contaminate.
Dunque,
alla luce di quanto visto possiamo ammettere che gli additivi non facciano male
alla salute? La risposta potrebbe essere si, se si tiene conto della quantità
di queste sostanze all’interno degli alimenti e se si escludono quelle che, una
volta che la scienza si è espressa nel merito, risultano sicuramente innocui
alla salute. Anche perché, non possiamo non ricordare che gli additivi
esercitano una loro azione nell’organismo potendo a volte divenire, a seconda
della quantità di cibo consumato che li contiene, delle vere e proprie sostanze
attive che influenzano il funzionamento dell’organismo stesso.
Lo dimostra uno
studio condotto recentemente nel Regno Unito, che ha dimostrato che
l’assunzione di coloranti alimentari largamente presenti nei dolciumi è in
grado di provocare alcune alterazioni comportamentali nei bambini. E’ noto da
tempo che i solfiti hanno un potere allergizzante. Vero è che per giungere ad
una modificazione di quel tipo della fisiologia dell’organismo la quantità di
additivo assunta deve essere elevata, ciò però non toglie, che non potendo
regolare con precisione la quantità di alimento da consumare affinchè questo
non risulti in qualche modo contaminato, meglio è procedere all’eliminazione,
tout court, dell’additivo alimentare stesso.
L’additivo
mi fa bello!
Un’ultima
considerazione tuttavia occorre farla. Visto che quando parliamo di additivi ci
riferiamo pur sempre a sostanze chimiche, ovvero sostanze artificiali che
prevedono particolari trattamenti di laboratorio al fine di esercitare da soli
o in combinazione determinati effetti sulla sostanza dove vengono immessi, la
domanda che ci si fa è la seguente. Esclusi i casi in cui l’additivo assume
importanza basilare per evitare il deterioramento dell’alimento conservato,
così come accade anche per quelli dove l’assenza della sostanza chimica
prevedrebbe una possibile contaminazione batterica del cibo, è ancora
accettabile il ricorso a quelle sostanze chimiche, come i coloranti, al solo
fine di rendere più gradevole alla vista un alimento? Sinceramente vorremmo
rispondere di no, ma facendolo rischieremmo di venir meno ad uno dei requisiti che
la moderna Società si è imposta, quello di essere spesso più attratti dall’apparenza
che dalla sostanza. E, dunque, in siffatte condizioni, non stupiamoci se una
larga percentuale di sostanze chimiche sotto forma di additivi li assumiamo,
sol perché pretendiamo che un alimento oltre che buono al palato, sia seducente
già dal primo sguardo!
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