Ormai è
più noto come “male oscuro” che depressione ed in effetti per chi soffre di
questa malattia, nelle sue forme peggiori, sa bene quanto oscura sia la realtà
e, soprattutto, ardua la via d’uscita verso la guarigione. Occorre insistere nel definire la depressione una patologia, una patologia
mentale senza per questo scatenare il dissenso di coloro che ne soffrono per la
semplice ragione che una malattia mentale non è solo quella che rende “pazzi”,
ma perché se finalmente veniamo fuori dal concetto che vuole che le malattie
mentali siano solo le “follie”, cominciamo a prendere atto che la depressione,
in quanto malattia, va curata e seguita da uno specialista, prima lo
psichiatra, poi o durante la cura, lo psicologo.
E’
importante questa precisazione, perché per la depressione, quando è veramente tale
e non solo umore cattivo transitorio, ma vero umor nero che non si modifica nel
corso delle giornate, spesso non messo in relazione a nessuna particolare
vicenda occorsa e soprattutto che peggiora o resta immodificato per lungo
tempo, non servono le chiacchierate al bar fra amici, l’affetto dei cari e le
distrazioni in generale. Serve il medico che la cura.
E che la
depressione sia una malattia diffusa, complicata ma quasi sempre curabile, lo
dimostra il fatto che chi ne soffre, in assenza di cure, soffre al punto che si
convince che dal momento in cui ha accusato i primi sintomi, non tornerà mai
più ad una qualità della vita accettabile. Tant’è che questa patologia
mentale, che oltretutto privilegia la donna rispetto all’uomo, è temuta dal
sesso femminile, addirittura più del cancro al seno.
A
complicare le cose ci si mette un altro aspetto della malattia che proprio per
questo è definita e vista come fortemente subdola. Il fatto che a differenza di
altra patologie che si ripercuotono sull’organismo con manifestazioni concrete,
la febbre ad esempio, il dolore e altri sintomi diversi a seconda dei casi, la
depressione sembra avvolgere il malato al riparo da sintomi apparentemente
concreti che facciano ricondurre il paziente ad uno stato patologico. Quando il
malato accusa diasturbi tangibili a carico di qualche organo o apparato, spesso
questo è in relazione col suo stato di depresso, a causa di quelle malattie
cosiddette psicosomatiche che riverberano la loro sofferenza sotto la spinta
della malattia mentale che ha modificato l’equilibrio spesso sottile fra lo
star bene e l’ammalarsi.
I veri sintomi della depressione
Di fronte
alle depressioni, diviene centrale il ruolo del medico specialista, spesso
aiutato dalla moderna psicologia, soprattutto per indurre il paziente a
comprendere bene che il proprio malessere è dovuto ad una malattia che l’ha
originato. Al paziente prima e al medico dopo, l’interpretazione di particolari
condizioni del proprio stato d’animo rappresentati anche dalla penosa condizione
di guardare al futuro con i vetri oscurati di inesistenti lenti che riducono la
visuale e la rendono prossima allo zero, dall’impossibilità di concentrarsi, di
rendere vivi e accettabili i ricordi e nella quasi impotenza di fronte a
decisioni importanti da prendere, avvinti da una presenza notturna continua, qual
è spesso l’insonnia che rende inaccettabile la qualità del sonno, anche se
spesso i pazienti depressi sono avvinti da ipersonnia che è la condizione
opposta all’insonnia, altalenando fra un incubo notturno ed un altro,
paralizzati molto spesso dall’ansia perenne, dalla paura di morire, ma nei casi
estremi anche dalla voglia di farla finita con la vita, nella totale assenza di
sintomi di natura fisica e dunque, senza un dolore, senza un fastidio reale a
carico di qualche organo.
Di fronte a questi sintomi, che non è detto che si
presentino tutti insieme, diviene indifferibile il ricorso al medico, tenuto
conto che prima si agisce per iniziare le terapie, prima si giunge ad una
guarigione e, soprattutto, si scongiura la possibilità di cronicizzare una
malattia o uno stato destinato quasi sempre a peggiorare nel tempo. Se pensiamo
a questi sintomi, ci rendiamo conto del motivo per cui la depressione faccia
più paura del cancro, perché paradossalmente il tumore, nell’immaginario
collettivo è ancora visto come una malattia incurabile che nel tempo finisce
per uccidere chi ne soffre. La depressione, invece, non uccide, anzi costringe
a vivere all’interno di sofferenze spesso indicibili, al punto che nei casi
gravi induce il malato a mettere in atto quei cosiddetti istinti suicidari che a
volte, purtroppo, vanno a “buon fine”!
A
complicare ancor di più le cose ci si mette anche il fatto che la depressione a
differenza di altre malattie, non ha un corollario di sintomi che è
possibile restringere all’interno di uno schema ben preciso. A volte si sta
male, senza sapere di essere depressi, una ragione in più per parlare del
proprio stato, senza vergogna alcuna e remore di qualsivoglia natura, prima col
proprio medico curante e, successivamente con lo specialista, spesso conosciuto
e apprezzato dallo stesso medico di famiglia.
La depressione si cura
Anche perché,
è importante sottolineare il fatto che parliamo di una malattia che, almeno
secondo i dati scientifici in possesso, si cura e risolve nel 98% dei casi, alla
stregua delle recidive, sempre possibili che non dovranno far pensare ad un
fallimento delle terapie, semmai, alla necessità di rivederle ed eventualmente,
a strettissimo controllo medico, riproporne delle altre. Importante
sottolineare il fatto che soprattutto nell’attuale momento di congiunturaeconomica che stiamo vivendo, afflitti da una crisi che attanaglia la mente di
tutti e che rende difficile poter immaginare il proprio futuro e quello dei
nostri cari in modo lineare, si assiste ad una vera e propria esplosione di
sempre nuove forme di questa malattia mentale. Lo dimostra il dato, a proposito
soprattutto della maggiore rilevanza numerica che la malattia esercita sulle
donne, che ci indica come che nel nostro Paese a soffrire di depressione siano
non meno di sei donne su dieci che possono testimoniare che in un preciso
momento della propria vita hanno avuto a che fare con forme simil depressive;
tali donne per lo più vivono nei grandi centri urbani.
Come si diceva la donna
teme più la depressione del cancro al seno, la cui incidenza è pure diminuita
al 24,2%, tant’è che secondo un recente sondaggio, sei donne si dieci ne hanno
terrore, per la semplice ragione che sono stati testimoni della malattia quando
ha colpito persone loro care. Oltretutto, la paura di ammalarsi di depressione
varia molto con l’età, alla stregua di quanto possa mutare la fiducia nelle
terapie da parte di chi soffre, o ha sofferto o teme di ammalarsi di
depressione. Tanto è vero che su cento donne di età compresa fra 30 e 39 anni
la percentuale di quelle che non credono possibili cure mirate sono 78 donne
che sfiorano le 82 al variare dell’età, in questo caso compresa fra 40 e 49
anni e per quelle donne che hanno superato i 50 anni di età, almeno 70 su cento
è scettica e ha poca fiducia delle terapie.
Sono
questi i dati emersi da un`indagine su oltre mille donne presentata Roma
dall`osservatorio nazionale sulla salute della donna (O.N.Da) in
occasione del convegno “Depressione: impariamo a combatterla”. E quando si
parla di farmaci per curare la malattia, almeno 40 donne su cento non credono
all’efficacia delle medicine, solo il 16% delle intervistate le considera
utili, in qualche caso molto efficaci. Per più di otto donne su dieci, è più
utile il ricorso allo psicologo. Tale ritrosia nei confronti dei farmaci è
dovuta alla convinzione che i farmaci possano agire sulla malattia solo per un
periodo di tempo limitato, passato il quale si torna peggio di primi.
A rendere
ancora più allarmante il dato è il fatto di sapere che proprio chi conosce la
malattia, per essersi ammalato, assegna un giudizio più basso ai farmaci
rispetto a chi non si è mai almmalato di depressione. Resta un dato per lo meno
più confortante. La depressione non è più considerata un tabù, ovvero, una
malattia misteriosa che viene dal nulla e che dunque non è possibile
individuare. Lo dimostrano altri dati che indicano come una buona percentuale
di donne riconosca i sintomi della malattia e la necessità di intervenire
tempestivamente. Infatti, il 40,3% del campione in esame sa riconoscere e sa quanto è importante agire
presto rivolgendosi ad una figura di riferimento, in primis, il medico di
famiglia (29% delle donne) seguito dai famigliari (23%), dallo psicologo
(15%) e dallo psichiatra (13%). In ultimo, nello studio condotto sulle
donne a proposito della depressione e dei sintomi, si è affrontato l’ultimo
tema, quello relativo al suicidio. Sarebbe emerso infatti che l’estrema soluzione
o il tentativo di mettere in atto il suicidio, nelle donne è molto più frequente
che negli uomini, dove è più spesso però portato a compimento.
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