Qualcuno
ritiene che i veleni siano sostanze misteriose all'uopo predisposte per uccidere un rivale, sostanze in qualche modo avvolte in quell'alone di mistero che le rende ancora più inquietanti. Non è così, siamo attorniati da veleni, alcuni addirittura
persino difficili da riconoscere, altri disposti in luoghi impensabili come le nostre dispense alimentari. Persino le gustose patate sono
potenzialmente in grado di far male, come ricorda il CNR che rammenta anche
come questi ortaggi, in particolari condizioni, possono essere persino mortali.
Vero è
che spesso sono proprio i nostri sensi a metterci al riparo dai rischi, ma non
sempre è possibile tutto ciò, i pericoli sono anche a tavola, bisogna fare
soltanto un po’ di attenzione, come del resto ci insegna lo stesso Consiglio
Nazionale delle Ricerche.
“Le patate”, spiega Antonio Malorni, direttore
dell’Istituto di scienza dell’alimentazione (Isa) del Cnr di Avellino,
“contengono i glicoalcaloidi solanina e chaconina, inibitori della
colinesterasi e teratogeni (in grado cioè di indurre malformazioni qualora una
donna venga esposta a esse durante la gravidanza o prima), presenti mediamente
in una proporzione di cinque milligrammi per cento grammi (ossia lo 0,005%),
anche se la concentrazione cambia nei diversi cultivar del tubero (fino a 20
mg/100g siamo nella concentrazione di non tossicità). Le maggiori
concentrazioni di solanina si trovano nella buccia delle patate inverdite per
esposizione alla luce, nei germogli e zona circostante, negli steli e
‘genericamente’ nelle patate infestate o ammaccate, mal conservate, immature.
In questi casi, i glicoalcaloidi possono raggiungere livelli letali per l’uomo.
Fortunatamente i nostri sensi ci avvisano: al di sopra dei 14 mg/100g le patate
assumono un sapore amarognolo e intorno a 20 mg/100g, limite di concentrazione
oltre il quale diventano pericolose, generano una sensazione di bruciore nella
bocca e nella gola”.
Persino
il basilico non sfugge all’eventualità di poter essere esso stesso un pericolo,
tant’è che gli studiosi osservano quanto sia più indicato privilegiare le
foglie più vecchie, in considerazione del fatto che quelle più giovani
contengono un potenziale cancerogeno quale è il metileugenolo che è esso stesso
contenuto anche nello zenzero. Anche il prezzemolo, pur avendo doti curative,
può interferire con la flora intestinale al pari di quanto farebbe un antibiotico
causando diarrea e alla lunga persino afte orali. E poiché
parliamo di prezzemolo, occhio alle quantità, sia pure improbabili da ingerire.
Infatti, cento e oltre grammi di questa pianta potrebbero indurre un aborto a causa del fatto che il principio attivo contenuto nel prezzemolo
svolge la sua azione nelle pareti dell’utero, contraendoli.
Dovremmo dunque
vivere con l’ansia di un avvelenamento domestico per lo più ad opera delle
sostanze commestibili? Assolutamente no, avvertono dal CNR. Affinché una sostanza
fra quelle citate possa esercitare la sua azione tossica dovranno
intervenire diversi fattori, la quantità, la distribuzione tissutale, la
possibilità che altri elementi si contrappongano all’azione della sostanza
tossica, i diversi trattamenti termici che hanno azione diretta su queste
sostanze e la capacità naturale dell’organismo di opporsi alle varie sostanze
tossiche. Vero tutto ciò, ma se da parte nostra ci mettessimo anche una
maggiore attenzione, male sicuramente non faremmo!
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