martedì 7 marzo 2023

Il sogno americano: infranto fra depressione, alcolismo e droga

 




In America c’è allarme per una grave epidemia, niente a che fare coi virus, ma è una sorta di diffusa malattia che sta investendo tutti gli Stati Uniti ed è più subdola e più “contagiosa” del Covid 19. Una malattia che si sta diffondendo con tanta velocità da restare sbigottiti, lasciando al suo passaggio dolore e disperazione. Stiamo parlando di una malattia mentale che non ha uguali nella storia degli Stati Uniti d’America, nemmeno paragonabile agli effetti sulla gente che ebbe la grave crisi di wall street del 1929.


Ad esserne colpiti, il 21% circa della popolazione americana il che significa 50 milioni di americani malati di mente a vario titolo, quasi come se tutta la popolazione italiana si ammalasse di varie forme di psicopatologia. E non sono notizie ricavate per sentito dire, sono pazienti protocollati, seguiti e certificati dalle Autorità mediche. Le malattie mentali cui ci si riferisce sono la dipendenza cronica da sostanze stupefacenti o da alcol, gravi disturbi alimentari che possono essere l’anoressia o la bulimia, l’overdose da droghe, tentati suicidi o suicidi andati “a buon fine”.

Secondo Jonathan Haidt della New York University, il fenomeno è circoscritto sopratutto fra i giovani e i giovanissimi, l’attuale generazione Z, intendendo i nati dal 1997 al 2012 è quella dove si riscontrano tassi mai visti di ansia, depressione, autolesionismo, fragilità, suicidio. Secondo gli studiosi, responsabili di questa vera e propria epidemia di malattie mentali che si riverbera su tutta la popolazione al punto che nella cerchia di parenti è quasi impossibile non trovare uno, due, tre soggetti con malattie mentali, sono i social media. Il fenomeno è molto preoccupante perché tende ad aumentare in maniera esponenziale, se si guarda al numero di soggetti colpiti da queste psicopatologie, Se poi si guarda anche ad un altro dato allarmante, la maggior parte dei 108.000 decessi per overdose di droga stimati nel 2021 erano di adulti. Gli eventi sono tanto diffusi da aver inciso profondamente sulla media di aspettativa di vita degli americani che è diminuita nel periodo 2020/2021 e dei costi sanitari che in America non hanno paragoni con nessun altro Continente.

Angus Deaton, economista e premio Nobel americano, ha scritto insieme ad Anne Case e Angus Deaton un libro: Morti per disperazione e il futuro del capitalismo, proprio su questa evidenza, stigmatizzando il fatto di come la vita media della popolazione americana sia diminuita per tre anni consecutivi, cosa che non si era mai vista se non nel 1918 e mai avvenuta in nessun’altra nazione ricca del mondo. In venti anni si è assistito ad un aumento vertiginoso di suicidi, overdose, alcolismo al punto che la preoccupazione degli autori è quella di non rischiare di prendere a modello gli Stati Uniti da parte di altri Paesi sviluppati. Oltretutto, sempre secondo gli autori, in America vige un Sistema Sanitario Nazionale fra i più costosi al mondo ma che non protegge i più deboli, c’è uno strapotere delle multinazionali, una disuguaglianza immane che risente di una globalizzazione esasperata ed  un assottigliamento della possibilità di lavorare stante il fatto che l’America si vanta di detenere, più di altri Stati progrediti, livelli di automazione all’avanguardia con ricorso all’intelligenza artificiale senza pari nel mondo. Questo ha determinato uno schiacciamento della classe media verso il basso con un peggioramento delle condizioni di vita degli appartenenti a tali classi che si aggrava di anno in anno. Secondo Deaton: 

“Una parte della popolazione negli Stati Uniti ha visto il proprio mondo crollare. La loro vita era migliore cinquant’anni fa. Avevano un sindacato, andavano in chiesa, appartenevano a una comunità…Hanno non solo perso denaro e lavoro, ma anche un senso per le loro vite”. Deaton imputa i “morti da disperazione” al “declino della famiglia, della comunità e della religione”.

Che dire, quando si perdono i veri valori e si crede che la felicità e la soluzione di tutte le nostre istanze debba venire dall’ipertecnologia soltanto che non è più a servizio nostro, ma siamo noi al suo servizio... Questo potrebbe essere il prezzo da pagarsi.

Fonte: Il Foglio

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