Mens
sana in corpore sano, dicevano i latini e se immaginiamo gli effetti disastrosi
che la depressione, considerata a tutti gli effetti una malattia mentale, può
determinare sull’intero organismo, forse ci stupiamo meno di come tale
patologia sia in grado di infliggere danni, anche seri e alcune volte persino
irreparabili sull’intero corpo a cominciare dall’apparato cardiovascolare.
Lo
dimostra l’attenzione riposta dall’Istituto di Neuroscienze del CNR di Padova
che ha posto l’accento sul ruolo deleterio della depressione nei confronti
delle malattie coronariche giungendo a sostenere che la depressione marci a
“braccetto” con le gravi cardiopatie. Il
risultato è che, sempre secondo gli studiosi del fenomeno, proprio la
constatazione di come la popolazione anziana nel nostro Paese sia in crescendo
rispetto al passato e stante l’evidenza di come la malattia depressiva alberghi
in maggior misura proprio nella terza età, l’attenzione del mondo scientifico
dovrà non solo essere alta nei riguardi della depressione, ma soprattutto dovrà
tener conto di tale associazione di patologie rispondendo con interventi mirati
e specifici nei confronti di un problema di salute pubblica.
Italiani depressi, i più numerosi di tutta
Europa
Che il
problema, oltre che complesso,sia largamente diffuso, lo dimostra il dato
Ma lo
studio padovano condotto dal CNR non era volto a stabilire il primato di un
Paese rispetto ad un altro in materia di malattie depressive in atto, semmai
A questo
punto, la domanda nascerebbe spontanea, come mai una malattia mentale riverbera
i suoi effetti su organi e apparati in grado di determinare una malattia
organica? Secondo Stefania Maggi, bisognerebbe ricondurre il tutto sui fattori
biologici che intervengono sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, i primi a
subire l’attacco da parte delle malattie di tipo depressivo, cui non si può
nascondere l’altro rischio rappresentato dall’aggregazione piastrinica che già
da sola è in grado di provocare veri e propri disastri a livello
cardiovascolare, compreso, in ultimo e non certo per importanza, l’alterata
regolazione neurovegetativa del ritmo cardiaco, ovvero,l’alterazione della
frequenza cardiaca con tutte le forme di patologie annesse, dalle tachicardie alle
fibrillazioni. Dunque, depressione e rischio cardiovascolare nel paziente
anziano dovranno essere un importante capitolo da attenzionare da parte di chi
si prende cura del soggetto anziano, prevedendo un nuovo protocollo terapeutico
che nel curare una patologia non trascuri mai l’altra, semmai preveda cure per
entrambe le malattie.
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