Quando
si parla di leucemia non sempre si specifica il tipo di malattia che interessa
il diverso paziente, ciò per dire che non esiste una sola leucemia, ne esistono
diverse forme anche in funzione all’età del paziente. Ad esempio, gli anziani
sono interessati dalla cosiddetta leucemia linfatica cronica che ha un’incidenza
di circa il 30% di tutte le forme di leucemia conosciute e per la quale oggi
esiste una terapia aggiuntiva che risulta molto promettente ai fini della
guarigione dalla malattia.
Cominciamo
col dire che la leucemia linfatica cronica colpisce generalmente persone anziane di circa 65 anni d’età, con un’incidenza di circa 13 persone ogni 100
mila ed è destinata ad aumentare a causa dell’allungamento della vita media. Da
ricordare che tale patologia in questa forma non esiste in età pediatrica.
La
leucemia linfatica cronica spesso non richiede alcun particolare trattamento,
tuttavia esistono delle forme più aggressive che vanno assolutamente trattate e
fino ad oggi gli unici farmaci utilizzati nel trattamento di tali forme erano
rappresentati dalla fludarabina e dall’alemtuzumab che solitamente sortiscono i
risultati sperati ma non sempre, visto che ci sono pazienti che dopo utilizzo
di queste molecole non ottengono alcun beneficio, soprattutto quando la
malattia si annida in organi definiti bersaglio come il fegato,
la milza e le ghiandole linfatiche. In
questi casi che fare dunque, rassegnarsi all’esito infausto dato dalla malattia
o c’è ancora tempo per sperare? Un recente farmaco rappresentato da un
anticorpo monoclonale iniettivo apre nuovi orizzonti terapeutici in quelle
forme refrattarie rispetto agli altri farmaci utilizzati. Il successo del
farmaco è dato dalla constatazione che esso riesce ad attaccare i linfociti B,
oltre al fatto che tale molecola farmacologica sviluppata dalla GlaxoSmithKline,
è in grado di entrare in quantità significative all'interno delle ghiandole
linfatiche, attaccando le cellule malate nei 'fortini' biologici in cui si
concentrano in caso di malattia che si sviluppa nei linfonodi, nel fegato e
nella milza, creando significativi aumenti di volume degli organi.
Parliamo
del farmaco biologico Ofatumumab che è stato testato su 154 pazienti per i
quali il trattamento tradizionale con altri farmaci compreso un biologico non
aveva sortito gli effetti sperati. Dopo trattamento con il nuovo farmaco si è
assistito ad una remissione significativa dei sintomi in oltre il 58% dei casi
e ciò autorizza gli studiosi a considerare tale farmaco efficace in quei casi
in cui non è possibile agire diversamente. Sulla base di questi riscontri
terapeutici, il farmaco è stato approvato dalla Fda americana prima e dall'ente
regolatorio europeo Ema poi, ed è oggi disponibile anche in Italia proprio per
questi pazienti.
Fonte:
Pharmakronos
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