La
notizia è sicuramente utile per spiegare la mancata azione da parte di certi farmaci
utilizzati da molti pazienti in menopausa, in particolar modo nella cura
dell’osteoporosi e che nonostante la precisione dimostrata da questi malati nel seguire adeguatamente
tutte le cure prescritte, questi non riescono
ad ottenere nessuno dei risultati auspicati. A questo
punto ci si è chiesti quale fossero i motivi dello scarso successo terapeutico di tali farmaci utilizzati. La
risposta è giunta da uno studio scientifico condotto da ricercatori del
Laboratorio genoma umano dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio
nazionale delle ricerche di Milano (Itb-Cnr), presso l’Istituto clinico
Humanitas di Rozzano (Mi) e pubblicato su Nature Medicine.
“Siam partiti da uno studio sull’osteopetrosi, una grave patologia genetica che determina e la deformazione e l’ispessimento delle ossa, praticamente il contrario dell’osteoporosi, che provoca invece lo sfaldamento
osseo”, racconta Anna Villa , coautrice dell’articolo, coordinatrice italiana
dello studio e dirigente di ricerca dell’Itb-Cnr. “Studiando questi pazienti,
abbiamo capito che il difetto da essi presentato della pompa protonica, un
complesso enzimatico preposto all’acidificazione dell’ambiente esterno alla
cellula ossea, svolge un ruolo anche nelle cellule dello stomaco, che
acidificano l’ambiente consentendo la digestione del cibo”. “Abbiamo scoperto
che il difetto di acidificazione da parte delle cellule dello stomaco causa un
diminuito riassorbimento del calcio, che determina rachitismo nel bambino,
mentre nell’adulto potrebbe contribuire all’osteoporosi”, prosegue la
ricercatrice del Cnr.
Lo
studio, che è durato tre anni, è finito sotto la lente d’ingrandimento dei
medici stante l’alta incidenza della patologia nelle diverse fasce della popolazione,
si pensi soltanto che negli over sessantacinquenni la percentuale della
malattia è del 15%. Si è dunque visto che il calcio carbonato, che trova applicazione
nella cura dell’osteoporosi e che dovrebbe limitare i danni che la patologia
stessa è in grado di arrecare nel tempo, insieme alla vitamina D3, che serve a
fissarlo nelle ossa, non viene assorbito, proprio per via della scarsa acidità
dell’ambiente gastrico di un certo tipo di pazienti. Ma tale riscontro non ha scoraggiato i ricercatori che hanno proseguito i loro studi scientifici con un
altro lavoro, stavolta finanziato dalla Fondazione Cariplo e da Telethon e che
apre la strada a cure più mirate. I primi
incoraggianti risultati sono già arrivati, parrebbe infatti sufficiente, nei
pazienti che hanno problemi di assorbimento di calcio, sostituire il calcio
carbonato con il calcio gluconato che agisce a livello gastrico senza essere
influenzato dal PH dello stomaco.” Si tratta di una scoperta che comporterà
certamente un cambiamento nella terapia dell’osteoporosi, e dimostra come da
studi genetici spesso scaturiscano inaspettate ricadute per le patologie più
comuni”, conclude Anna Villa .
Fonte: CNR
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