Quando
parliamo di Morbo di Alzheimer e di demenze in generale, è importante annettere
grande importanza ai progressi scientifici compiuti soprattutto negli ultimi
decenni che, se da una parte non ci hanno ancora consentito di trovare la soluzione
a queste gravissime malattie, dall’altra però ci consentono oggi, per lo meno,
di stabilire le cause di queste temibili patologie, situazione questa che oggi
ci consente di immaginare una soluzione a breve rappresentata da un futuro che
ci affranchi da queste e altre malattie neurodegenerative. Ma quali sono i
traguardi che la scienza ha raggiunto o si è prefissa di toccare nei riguardi
delle malattie cerebrali?
Ad
aiutarci nel percorso che tocchi, tappa per tappa, ogni singolo tassello
aggiunto dalla ricerca medico scientifica, merita menzione un recente studio
portato avanti da Telethon e pubblicato sulla rivista Science. Secondo tale
lavoro scientifico, sia il Morbo di Alzheimer che il Parkinson sarebbero
causate dal danneggiamento delle cellule cerebrali, a causa di sostanze che si
andrebbero ad accumularsi a ridosso delle cellule finendo per danneggiarle. Si
tratta di immaginare cosa riesca a fare la scienza medica oggi e cosa si possa
fare per ritardare i processi di decadimento della fisiologia delle cellule
cercando in qualche modo di proteggerle. Peccato manchi quel tassello che ci
faccia in atto immaginare una soluzione efficace del problema.
Ma
proprio la ricerca condotta da Telethon ci consente di ipotizzare un futuro a
breve dove non solo si riescano a proteggere le cellule cerebrali dall’attacco
delle sostanze di accumulo, ma anche, nell’allontanamento di tutti quei fattori
di disturbo che interagiscono con la funzionalità delle cellule stesse. Fino
adesso si è operato sugli animali e i risultati sono stati incoraggianti, al
punto da poter immaginare una prossima sperimentazione anche in umana e,
soprattutto, si cominciano ad ipotizzare gli impieghi pratici di tali inedite
cure che potrebbero essere praticate, in un lasso di tempo che nella migliore
delle ipotesi potrebbe essere di un paio d’anni, nella peggiore, di un
decennio.
Ma
non finisce qui….
Nelle
prossime cure contro Parkinson e Alzheimer, merita menzione uno studio
scientifico da poco conclusosi, pubblicato sulla rivista Nature Chemical
Biology cui hanno partecipato ricercatori del Dipartimento di Scienze
biochimiche dell’Università di Firenze, guidato da Fabrizio Chiti e con la
partecipazione di Silvia Campioni e del Dipartimento di Scienze
biochimiche dell’Ateneo fiorentino, oltre ad Annalisa Relini del Dipartimento
di Fisica dell’Università di Genova. Secondo le acquisizioni più recenti
parrebbe che alla base delle malattie neurodegenerative potrebbe esserci una
incapacità da parte di certe proteine di restare solubili, con la conseguenza
di accumularsi a livello cerebrale interferendo con le normali funzioni del
cervello. Una malattia causata da questi accumuli patologici è l’amiloidosi.
Prima che si formino sostanze in grado di accumularsi perché insolubili, si
passa da uno stadio intermedio che vede la luce sostanze definite oligomeri,
proprio queste sono responsabili delle patologie annesse, con l’aggravante che
con i mezzi oggi a disposizione, localizzare gli oligomeri non è per nulla
semplice e, dunque, le cure risultano ancora poco efficaci almeno fino a quando
non sarà possibile localizzare al meglio questi agenti patogeni alla base di
queste malattie neurodegenerative. Proprio il recente lavoro scientifico cui si
è fatto cenno, risulterebbe tutto orientato verso lo studio degli oligomeri,
volto anche a stabilire non solo il modo in cui sarà possibile intervenire, ma
il grado di tossicità che essi sono capaci di determinare a carico delle
strutture danneggiate e, non ultimo, i fattori che intervengono affinché questi
aggregati intermedi sviluppino una tanto elevata tossicità.
«Studiare a livello molecolare gli oligomeri -
ha commentato Chiti – apre importanti
orizzonti sul meccanismo che sta all’origine di queste malattie e permette di identificare nuovi bersagli per
l’intervento terapeutico. Sulla strada aperta dalla nostra ricerca di base si
può sviluppare la ricerca farmacologica. Per dirla con un’immagine, stiamo
preparando il terreno dove costruire l’edificio della prevenzione e della cura».
Perché
l’Alzheimer colpisce di più la donna?
Recenti
acquisizioni scientifiche, una di queste si riferisce ad uno studio pubblicato
sulla rivista Nature Genetics da Steven Younkin, ricercatore presso il Mayo
Clinic College of Medicine (Jacksonville, Florida – Usa), la maggiore incidenza
del Morbo di Alzheimer nella donna rispetto all’uomo, avrebbe basi genetiche e
dunque la causa potrebbe risiedere nel cromosoma
X sede di una mutazione genetica associata al Morbo di
Alzheimer. Tale mutazione interverrebbe su una proteina che si danneggerebbe al punto da non dare più
la possibilità alle cellule nervose di interconnettersi fra di loro.
Tale
ipotesi sostituirebbe l’antica consapevolezza che la donna si ammalava più
dell’uomo di Alzheimer perché, come sappiamo, la durata media della vita della
donna rispetto all’uomo è superiore a cinque anni e dunque, il sesso femminile
aveva più tempo a disposizione per ammalarsi. Le cose, almeno secondo il
recente studio, non starebbero così. Pare infatti che proprio la consapevolezza
che la donna detiene due cromosomi X invece che uno, come avviene, appunto,
nell’uomo, la esponga alla malattia allorquando eventuali variazioni genetiche
riguardino entrambi i cromosomi X della
donna che per questo avrebbe il doppio delle possibilità di ammalarsi di
Alzheimer. Tanto è vero tutto ciò, se si pensa che quando la variazione riguarda
un solo cromosoma X, la donna avrebbe la stessa percentuale di incorrere nella
malattia rispetto all’uomo. Manca da
stabilire ancora quanto l’età possa incidere ai fini dell’esposizione nei
confronti delle malattie degenerative. Non mancano ipotesi al riguardo, ma
ancora, su questo punto, non è possibile stilare una data certa per potere
immaginare una qualsivoglia risposta scientifica.
Nessun commento:
Posta un commento
Ti preghiamo di inserire sempre almeno il tuo nome di battesimo in ogni commento