La
scienza si appresterebbe ad assestare un altro colpo alla temibile sclerosi
multipla, in attesa di giungere alla cura definitiva della malattia e nel farlo
scende in campo con le cellule staminali mesenchimali, ovvero, cellule staminali
adulte facenti parte di diversi tessuti ed in grado di differenziarsi a seconda
del tessuto di interesse. Un
altro tassello verso la guarigione grazie al lavoro congiunto di un gruppo di
ricerca guidato dal neurologo Antonio Uccelli, dell’Università di Genova, che ha pubblicato gli esiti del loro lavoro su Pnas. Secondo il
delicato lavoro scientifico è possibile iniziare la sperimentazione in umana
già a partire dal prossimo anno.
Per
meglio intendere la ricerca dell’Università di Genova, dobbiamo iniziare a
pensare che le cellule staminali mesenchimali non sono soltanto in grado di
partecipare alla ricostruzione del tessuto quando perso. Pensiamo ad esempio al
tessuto osseo andato perduto dopo un trauma o una neoplasia. L’altra
caratteristica di queste cellule è quella di interagire con il sistema
immunitario, modulandolo. Lo studio cui si fa riferimento aggiunge un’ulteriore
conoscenza a questo sofisticato meccanismo di interazione fra le cellule
staminali e il sistema immunitario.
Per
comprendere cosa accade, dobbiamo guardare alla “posta in gioco” nello
specifico, ovvero, alla presenza di due tipi di cellule immunitarie, le cellule
dendritiche ed i linfociti T. Le cellule dendritiche hanno il compito di far
maturare i linfociti T che si oppongono all’ingresso nell’organismo di corpi
estranei mettendo in atto le note risposte immunitarie. La maturazione di tali
cellule avviene dentro i linfonodi. A questo punto si entra nel vivo del lavoro
scientifico genovese. Ovvero, i ricercatori, agendo sui topi, hanno iniettato
cellule staminali mesenchimali. «Abbiamo scoperto che nei topi queste cellule
bloccano il trasferimento delle cellule dendritiche nei linfonodi, impedendo di
conseguenza la maturazione dei linfociti», racconta Uccelli. «Inoltre, abbiamo
osservato che questo meccanismo è pressoche immediato e si compie nel giro di
pochi secondi dall’iniezione».
Il
primo impiego di un tale trattamento che ci viene in mente è nella lotta alle
malattie autoimmuni, dove è proprio l’infiammazione a preoccupare il paziente
ed è proprio l’infiammazione che con il ricorso a queste cellule staminali può
mitigarsi, tant’è che una strada che si vuol intraprendere con queste cellule è
volta alla cura dell’artrite reumatoide,
della colite ulcerosa, del lupus
eritematoso sistemico, note patologie autoimmuni. L’algro campo di interesse è,
ovviamente, la sclerosi multipla, visto che il fine di questo lavoro scientifico
era volto proprio alla cura di questa malattia che, ricordiamo, è anch’essa una
malattia autoimmune che vede coinvolto il rivestimento che copre le cellule del
sistema nervoso che viene distrutto proprio dalle cellule immunitarie
dell’organismo.
«I
dati raccolti finora per tutte queste condizioni ci dicono che le staminali
mesenchimali esercitano una doppia funzione: immunomodulante e antinfiammatoria
da una parte e di protezione del tessuto colpito, per esempio quello nervoso
nel caso della sclerosi multipla, dall’altra», precisa Uccelli. In particolare,
sembra che le staminali mesenchimali proteggano da fenomeni di morte cellulare
e promuovano il rilascio di sostanze nutritive e il reclutamento di cellule
staminali specifiche per il tessuto in questione. «Ovviamente parliamo del
tessuto sano: per quello già distrutto c’è poco da fare».
Si
diceva che la sperimentazione in umana con questo trattamento inizierà il
prossimo anno e proprio allora, verranno arruolati 150 pazienti in tutta Europa
e in America. Ci riferiamo a pazienti che fino adesso non hanno ottenuto alcun
beneficio dall’attuale terapia loro praticata e, a detta di Uccelli…. «Nei
primi sei mesi metà dei partecipanti riceverà un’infusione di staminali
mesenchimali e l’altra metà un’infusione “finta”, del solo terreno di coltura
delle cellule. Nei restanti sei mesi si invertiranno le parti. In questo modo
tutti saranno trattati, ma disporremo comunque sempre di un controllo non
trattato».
L’obiettivo
finale è valutare se la terapia a base di cellule staminali mesenchimali può
essere d’aiuto nel combattere la malattia, ciò senza alimentare però false
speranze «Non ci aspettiamo miracoli: semplicemente, un’opzione in più per
pazienti che non rispondono ad altri trattamenti». Per questo il neurologo
consiglia vivamente di diffidare da chi promette risultati eclatanti, come
fanno alcune cliniche all’estero, che offrono già terapie a base di staminali
mesenchimali.
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