
Che i fans, ovvero, i farmaci antinfiammatori non
steroidei, insieme ai tanti benefici di cui sono capaci, non sono per nulla
esenti da effetti collaterali, nonostante la TV pubblicizzi quelli a basso dosaggio e dunque
di libera vendita, come fossero caramelle, è cosa assai nota, tant’è che ormai
tutti sanno che i più comuni effetti avversi di queste sostanze sono
rappresentati dalla gastrolesività, ecco perché si raccomanda l’assunzione a
stomaco pieno. Così come degno di nota è anche l’eventuale danno ai reni,
quando si preveda un uso prolungato con questi farmaci e di conseguenza qualche
azione negativa potrebbero detenerla anche sulla pressione arteriosa.
Resta però il fatto che non è immaginabile la cura
di molte malattie, così come poter sperare nella riduzione del dolore fisico e,
ancora, aspettarsi un sensibile abbassamento della febbre, ove presente, senza l’esistenza
dei fans e, dunque, al di là delle raccomandazioni di massima, non resta altro da
fare che utilizzare i fans a stretto controllo medico e per il più breve tempo
possibile.
Eppure all’orizzonte sembra profilarsi un futuro più
scevro da problemi annessi ai fans. Tale futuro è dato da una scoperta da parte
di un team di ricercatori italo-americani dell’Istituto Italiano di
Tecnologia, dell’Università della California Irvine (Usa), dell’Università
della Georgia (Usa), dell’Università Federico II di Napoli e dell’ateneo di
Urbino. Per l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) è stato coinvolto nello
studio il Dipartimento Drug Discovery and Development (D3), diretto da Daniele
Piomelli. Lo studio è stato pubblicato su “Nature Neuroscience”.
“Questo studio – spiega l’Iit – si
basa sulla comprensione del ruolo dell’anandamide, una sostanza prodotta
naturalmente dal corpo umano, che esercita una importante azione analgesica”.
Secondo tale lavoro scientifico si tratterebbe di
indurre il nostro organismo a stimolare sostanze già presenti in noi, per
raggiungere l’effetto terapeutico sperato, senza bisogno di introdurre sostanze
chimiche dall’esterno. Con un meccanismo in grado di contrastare l'infiammazione, che non è sempre cattiva, E, poiché si parlava di l’anandamide,
ricordiamo che tale sostanza è inserita
nel gruppo delle sostanze di tipo endocannabinoidi, le stesse che,
opportunamente stimolate dall’organismo, regolano i processi della fame, della
sete, compreso l’atteggiamento che l’organismo assume di fronte allo stresse non solo. In condizioni organiche normali, le stesse sostanze aiutano il
nostro corpo a rispondere anche ad alcune malattie. L’effetto di queste
sostanze però si esplicherebbe anche a livello del dolore ma non soltanto a
livello del sistema nervoso centrale, anche nei diversi distretti dei tessuti
se danneggiati. Proprio qua sta il nocciolo della ricerca, aver osservato che
laddove si crea un danno o una ferita in qualsiasi parte dell’organismo, lo
stesso si attiva per rilasciare l’anandamide e lo fa attraverso i recettori per
gli endocannabinoidi CB1 che in qualche modo, già
naturalmente, limitano la trasmissione del dolore dal punto del danno fino al
cervello passando per il midollo spinale.
E visto che l’anandamide deterrebbe questo effetto, si potrebbe giungere
all’antinfiammatorio senza effetti collaterali proprio perché la molecola che
dovrà curarci non è estranea al nostro corpo, anzi, fa parte di esso, basterà
infatti programmare il rilascio di maggiori quantità di anandamide ed in questo
modo si bloccherà del tutto il dolore, o l’eventuale infiammazione finchè l’eventuale danno che ha generato la
sensazione dolorosa o patologica, cessi del tutto.
COME E' ANDATA A FINIRE - AGGIORNAMENTO 2025
La
ricerca sull'anandamide oggi: il futuro è qui?
La ricerca sull'anandamide è ancora in corso e continua a
rivelare il potenziale di questa molecola. Tuttavia, non siamo ancora
arrivati all'antinfiammatorio "magico" senza effetti
collaterali. La complessità del sistema endocannabinoide, come la
tua stessa infiammazione sa bene, è un tema di grande attualità.
Approfondimento scientifico: La ricerca ha confermato
che l'anandamide agisce sui recettori CB1 e CB2 per
modulare il dolore e l'infiammazione. Si è scoperto che queste
molecole non agiscono solo sul sistema nervoso centrale, ma anche su
tessuti periferici, proprio come avevi intuito tu.
Ostacoli e complessità: La sfida più grande per la
ricerca è trovare un modo per aumentare selettivamente l'anandamide
nel corpo per curare dolore e infiammazione, senza causare effetti
collaterali indesiderati. Il sistema endocannabinoide, infatti,
regola anche l'umore, l'appetito e la memoria.
La speranza di indurre il nostro corpo a curarsi
da solo, senza introdurre sostanze estranee, è più che mai attuale.
E, come avevamo detto, potremmo esplorare le alternative non
farmacologiche, tra cui la fitoterapia.
La scoperta del potenziale terapeutico degli endocannabinoidi ha
portato a un rinnovato interesse per la cannabis medica.
Tuttavia, è un argomento delicato e va trattato con la massima
cautela, distinguendo la ricerca scientifica dall'uso ricreativo.
Il punto cruciale da sottolineare è che la ricerca sta esplorando
nuove strade. Non si tratta solo di trovare alternative alla Tachipirina o ai FANS, ma di capire i meccanismi di base del nostro
corpo per aiutarlo a guarire in modo più efficace e sicuro.
L'anandamide, con la sua azione naturale sul dolore, rappresenta una
promessa per il futuro.
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