In gergo medico si chiama onicofagia, ovvero, l’abitudine
di mangiarsi le unghie, un’abitudine per certi versi odiosa,
ma soprattutto dannosa che coinvolge il 5 per cento della popolazione italiana,
dai più piccoli, si crede che l’abitudine inizi in età scolare e prosegua fino
all’adolescenza, per giungere ai più grandi che con l’insana abitudine non
chiudono mai i conti e si calcola che fra i 10 e i 18 anni di età, un giovane
su dieci si dedichi continuamente ad alimentare il "viziaccio". Sui motivi che generano il fenomeno, psicologi e medici si
sono più volte espressi cercando le motivazioni che stanno alla base
dell’onicofagia. Si crede infatti che il bambino inizi a rosicchiarsi le unghia quando fa la
conoscenza col proprio fratellino del quale è quanto mai geloso. Ma anche una
situazione all’interno della famiglia caratterizzata da un clima teso a causa
dei dissapori fra coniugi può stare tranquillamente alla base del fenomeno.
Insomma, l’onicofagia non sarebbe null’altro che un modo attuato dall’organismo
per scaricare la propria ansia nei confronti di un problema vissuto, a torto o a ragione, in maniera
frustrante.
Ma, visto che parliamo di un viziaccio che prima si toglie meglio
è, vediamo se esiste uno o più metodi per dire basta all’onicofagia,
soprattutto al suo sopraggiungere. Ad esempio, parrebbe parere diffuso fra gli
esperti del settore che la gratificazione può giocare a favore
dell’eliminazione del vizio.
Ad esempio, il genitore che si mostra attento al problema del proprio
figlio, gratificandolo quando si ottiene l’eliminazione del disagio, pare possa
sortire buoni risultati. A pari merito, ai fini della riuscita, potrebbe stare
anche il giusto rimprovero nei confronti del bambino sorpreso a saccheggiare le
proprie unghia. Sembra infatti che un giusto rimbrotto possa indurre il
piccolo a comprendere l’inutilità e la dannosità di ciò che sta compiendo. Ma
parrebbe inoltre che mettendo il bambino di fronte ad un danno che
inconsapevolmente si arreca da solo, si giunga al risultato da indurlo a
considerarsi esso stesso l’artefice del male, quasi possa considerarsi
adulto e dunque maggiormente responsabile delle proprie azioni. Ma, una volta sperimentate tutte le soluzioni possibili ed immaginabili, c’è
chi pensa di risolvere il tutto con un sonoro ceffone al bambino impenitente, senza alcun esito positivo. E che dire della chimica che potrebbe venirci in soccorso in questi casi?
Non ce ne vogliano gli psicologi, ma pare che la chimica
rappresentata da smalti amari al gusto ma innocui per la salute che solitamente
si trovano in farmacia, solitamente possa funzionare.
Tuttavia non è possibile neanche liquidare un problema del genere con uno
smalto che invece potrà trovare la sua ragion d’esistere quando il problema è
circoscritto e di portata minore. Spesso l’onicofagia è espressione di un
problema serio del bambino che non si limita al solo fatto di mangiarsi le
unghia, anzi, quest’abitudine può essere la punta dell’iceberg di un problema
molto più complesso che non si può ignorare e spesso i correttivi utilizzati
dagli adulti con superficialità e frettolosità possono essere peggiori del male
che si intende risolvere. Ne deriva che sono da bandire quei comportamenti dei
genitori volti a castigare ogni azione del bambino intento a rosicchiarsi le
unghia senza affrontare col piccolo l’eventuale problema che lo stesso sta
affrontando e che non riesce a risolvere. Meglio ascoltarlo e aiutarlo a
superare un ostacolo, piuttosto che ossessionarlo con rimproveri per la sua
cronica onicofagia. Negativo è anche quell’impatto al limite della violenza
fisica-psicologica che accompagna il gesto di mangiarsi le unghia con punizioni
plateali e/o intolleranti. Nel bambino potrebbe istaurarsi l’impressione che il
suo disagio è talmente grave e di difficile guarigione, da richiedere castighi
ritenuti eccessivi. Per non contare che pene esagerate potrebbero scatenare nel
piccolo atteggiamenti incomprensibili che finiscono con l’ingigantire i suoi problemi
psicologici.
Così come sarebbe da evitare che genitori, nonni, zii, fratelli maggiori e
quant’altro, bersagliassero continuamente il bambino, ogni qual volta lo si
sorprende con le unghia fra i denti. I correttivi dovrebbero essere affrontati
dai soli genitori e nessun altro, anche se ai genitori stessi si chiede di
intervenire quando è il momento rivolgendosi ad uno specialista.
Nessun commento:
Posta un commento
Ti preghiamo di inserire sempre almeno il tuo nome di battesimo in ogni commento