domenica 8 aprile 2012

Onicofagia: mangiarsi le unghia è segno di un disagio a volte profondo


In gergo medico si chiama onicofagia, ovvero, l’abitudine di mangiarsi le unghie, un’abitudine per certi versi odiosa, ma soprattutto dannosa che coinvolge il 5 per cento della popolazione italiana, dai più piccoli, si crede che l’abitudine inizi in età scolare e prosegua fino all’adolescenza, per giungere ai più grandi che con l’insana abitudine non chiudono mai i conti e si calcola che fra i 10 e i 18 anni di età, un giovane su dieci si dedichi continuamente ad alimentare il "viziaccio". Sui motivi che generano il fenomeno, psicologi e medici si sono più volte espressi cercando le motivazioni che stanno alla base dell’onicofagia. Si crede infatti che il bambino inizi a rosicchiarsi le unghia quando fa la conoscenza col proprio fratellino del quale è quanto mai geloso. Ma anche una situazione all’interno della famiglia caratterizzata da un clima teso a causa dei dissapori fra coniugi può stare tranquillamente alla base del fenomeno. Insomma, l’onicofagia non sarebbe null’altro che un modo attuato dall’organismo per scaricare la propria ansia nei confronti di un problema vissuto, a torto o a ragione, in maniera frustrante. 

Ma, visto che parliamo di un viziaccio che prima si toglie meglio è, vediamo se esiste uno o più metodi per dire basta all’onicofagia, soprattutto al suo sopraggiungere. Ad esempio, parrebbe parere diffuso fra gli esperti del settore che la gratificazione può giocare a favore dell’eliminazione del vizio.

Ad esempio, il genitore che si mostra attento al problema del proprio figlio, gratificandolo quando si ottiene l’eliminazione del disagio, pare possa sortire buoni risultati. A pari merito, ai fini della riuscita, potrebbe stare anche il giusto rimprovero nei confronti del bambino sorpreso a saccheggiare le proprie unghia. Sembra infatti che un giusto rimbrotto  possa indurre il piccolo a comprendere l’inutilità e la dannosità di ciò che sta compiendo. Ma parrebbe inoltre che mettendo il bambino di fronte ad un danno che inconsapevolmente si arreca da solo, si giunga al risultato da indurlo a considerarsi esso stesso l’artefice del male, quasi  possa considerarsi adulto e dunque maggiormente responsabile delle proprie azioni. Ma, una volta sperimentate tutte le soluzioni possibili ed immaginabili, c’è chi pensa di risolvere il tutto con un sonoro ceffone al bambino impenitente, senza alcun esito positivo. E che dire della chimica che potrebbe venirci in soccorso in questi casi?

Non ce ne vogliano gli psicologi, ma pare che la chimica rappresentata da smalti amari al gusto ma innocui per la salute che solitamente si trovano in farmacia, solitamente possa funzionare.

Tuttavia non è possibile neanche liquidare un problema del genere con uno smalto che invece potrà trovare la sua ragion d’esistere quando il problema è circoscritto e di portata minore. Spesso l’onicofagia è espressione di un problema serio del bambino che non si limita al solo fatto di mangiarsi le unghia, anzi, quest’abitudine può essere la punta dell’iceberg di un problema molto più complesso che non si può ignorare e spesso i correttivi utilizzati dagli adulti con superficialità e frettolosità possono essere peggiori del male che si intende risolvere. Ne deriva che sono da bandire quei comportamenti dei genitori volti a castigare ogni azione del bambino intento a rosicchiarsi le unghia senza affrontare col piccolo l’eventuale problema che lo stesso sta affrontando e che non riesce a risolvere. Meglio ascoltarlo e aiutarlo a superare un ostacolo, piuttosto che ossessionarlo con rimproveri per la sua cronica onicofagia. Negativo è anche quell’impatto al limite della violenza fisica-psicologica che accompagna il gesto di mangiarsi le unghia con punizioni plateali e/o intolleranti. Nel bambino potrebbe istaurarsi l’impressione che il suo disagio è talmente grave e di difficile guarigione, da richiedere castighi ritenuti eccessivi. Per non contare che pene esagerate potrebbero scatenare nel piccolo atteggiamenti incomprensibili che finiscono con l’ingigantire i suoi problemi psicologici.

Così come sarebbe da evitare che genitori, nonni, zii, fratelli maggiori e quant’altro, bersagliassero continuamente il bambino, ogni qual volta lo si sorprende con le unghia fra i denti. I correttivi dovrebbero essere affrontati dai soli genitori e nessun altro, anche se ai genitori stessi si chiede di intervenire quando è il momento rivolgendosi ad uno specialista.

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