Un tempo erano
considerati perdigiorno e scansafatiche, adesso qualcosa comincia a cambiare
anche per loro, stiamo parlando di quei soggetti affetti da Sindrome della
Stanchezza Cronica che non dovranno più inquadrarsi come impenitenti
fannulloni, ma pazienti a tutti gli effetti di una di quelle patologie
sconosciute ai più e per questo poco o per nulla considerata, persino dalla
stessa medicina ufficiale.E che la Sindrome della Stanchezza
Cronica sia una patologia a larga diffusione, pur nel totale silenzio, lo
dimostra il fatto che nella sola Italia si contano non meno di 300 mila
soggetti affetti dal grave problema che alla lunga diventa invalidante per il
paziente minando seriamente la sua qualità della vita. Oltretutto ciò che rende
ancora più incomprensibile la malattia al paziente, suoi familiari e persino agli
stessi medici, è che questa si presenta anche nei giovani ed è facile immaginare
che la vitalità di un soggetto giovane non potrebbe conciliarsi con la
stanchezza e, dunque, il concetto “ti stanchi perché sei un fannullone” è
quanto mai realizzato.
La patologia in
questione si caratterizza tuttavia da alcuni sintomi specifici che non sono
impossibili da interpretare se ci si libera dai preconcetti. Difatti,
normalmente il paziente si rivolge al medico confessandogli di non essere più in grado
di lavorare o di studiare, se trattasi di soggetto molto giovane, perché
immediatamente colto da un improvviso senso di stanchezza, a questo spesso si
associa un latente stato depressivo che solitamente si associa allo stress.
Sarà compito del medico indagare sui sintomi lamentati dal malato, per farlo
tenderà ad escludere patologie, anche gravi, che si riflettono sulla vita del
paziente con una serie di sintomi uguali a quelli dallo stesso lamentato,
ricordando che, ad esempio, le neoplasie in generale hanno come primo effetto
anche un grado crescente di astenia e svogliatezza.
Ciò non
toglie però che ancora adesso, quando si parla di Sindrome della Stanchezza
Cronica, si mette un luce la scarsa informazione al riguardo da parte della
scienza anche se, fermi i limiti di conoscenza sulla malattia, oggi si parla sicuramente di più del problema,
lo dimostra, fra l’altro, l’impegno che sulla malattia ha riposto Umberto
Tirelli, direttore del
dipartimento di oncologia medica dell'Istituto nazionale tumori di Aviano, di
fatto il primo in Italia, quasi vent’anni fa, a
descrivere i primi casi a lui noti di Sindrome da Stanchezza Cronica, ricordando che
l’Istituto da lui presieduto è il primo centro che ha riportato
la presenza di un numero consistente di casi di Sindrome da Stanchezza Cronica.
Soprattutto
sulla base di quelle prime osservazioni è oggi possibile tracciare l’identikit
del malato da Sindrome da Stanchezza Cronica. Ci riferiamo ad un paziente
affetto da fatica cronica che non lo
abbandona per almeno sei mesi di fila e senza che per tale soggetto il riposo
notturno offra ristoro alcuno. Oltretutto la stanchezza che assale il soggetto
è ingiustificata, a volte, rispetto allo sforzo da compiersi nell’immediato. A
ciò si aggiungono veri e propri disturbi della memoria. Allo stesso tempo si
osserva in questi pazienti il riflesso della malattia a livello organico con
l’evidenza di vere e proprie patologie quali, ad esempio, le faringite, l’ingrossamento delle ghiandole
linfonodali cervicali e
ascellari, dolenti alla palpazione, i dolori muscolari e
delle articolazioni senza infiammazione o rigonfiamento delle stesse; la
cefalea, la difficoltà di addormentamento contrassegnata dalla presenza di un
sonno disturbato da continui risvegli ed una vera e propria incapacità nell’
assolvere a qualsiasi sforzo.
Capiamo
bene che trattasi di una patologia che trova le sue origini a livello organico
e non psicologico, semmai la sfera psicologica va indagata in sede di terapia
medica quando il soggetto interessato dal problema da lungo tempo abbia finito
per riflettere la malattia anche nella sfera emozionale. Possibili ipotesi che
oggi si fanno sull’eziologia della malattia sono di natura immunologica, dove
parrebbe presente una vera e propria alterazione del sistema immunitario di
questi soggetti, tant’è che l’esame diagnostico dovrà tendere all’esclusione di
quelle malattie su base autoimmune che nel soggetto potrebbero annidarsi a sua
totale insaputa. Così come particolare attenzione andrà prestata, nella
valutazione della patologia, a quelle eventuali cause genetiche possibili.
Trattamento della Sindrome della Stanchezza Cronica
Spiace
dirlo, ma in atto, non esiste un trattamento farmacologico adeguato nella cura
di questa patologia, per questi pazienti ci si basa su sostanze farmaceutiche o
parafarmaceutiche del tipo rappresentato anche dagli integratori alimentari,
laddove si sospetti l’eventuale ingerenza nella patologia di una causa virale o
autoimmune, il trattamento andrà orientato verso le malattie di eventuale pertinenza,
così come, tali pazienti possono anche trarre benefici da eventuali correttivi
ai loro stili di vita ed infine, ai fini della prognosi della patologia, si fa
riferimento anche a quei malati che hanno assistito, spontaneamente, alla
remissione dei sintomi senza alcuna cura al riguardo. “Va a parte tutto ricordato
- conclude Tirelli - che molti pazienti hanno difficolta’ a veder riconosciuta la CFS anche
dal punto di vista di inabilita’ al lavoro. L’Istituto nazionale delle Allergie e
delle Malattie Infettive dei National Institutes of Health
statunitensi ha prodotto un volume dal titolo “Chronic Fatigue Syndrome.
Informazione per i medici”. L’autorevolezza della fonte ed il volume prodotto
dal ministero della Salute dovrebbero fugare dubbi, se ancora ve ne fossero,
sulla esistenza della sindrome”.
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