venerdì 19 ottobre 2012

Neonato: già nella "pancia" della mamma riesce ad interagire



Guardando un neonato ci si stupisce come il bambino in qualche modo cerchi di stabilire dei contatti col mondo esterno, questo perché dimentichiamo che anche il piccolo appena nato ha in sé innata la caratteristica di interagire, sia pure a modo suo, col mondo esterno. Tale peculiarità fino a ieri si credeva fosse solo una supposizione della scienza, ma da quando uno studio scientifico ha messo in evidenza anche altre peculiarità sui neonati, si è fatta strada la consapevolezza che induce a ritenere che esiste una relazione fra la capacità del bambino di stabilire contatti col mondo esterno per effetto di una sorta di memoria embrionale che avrebbe inizio nella vita prenatale.


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Difatti, una ricerca condotta dall’Università di Pisa, Torino e Parma ad opera dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste e pubblicata su Plos One, ha evidenziato
un fatto stupefacente, tuttavia dimostrabile soltanto nei gemelli. Secondo tale studio, una coppia di gemelli già alla quattordicesima settimana di gestazione intrattengono contatti fra di loro, con gli unici mezzi che hanno da disposizione, l'abbozzo delle mani accarezzandosi. 
Ma…. poiché si tratta di feti, non era possibile immaginare che tale contatto inducesse benessere a quei gemelli e, dunque si era creduto di liquidare la questione sostenendo che i contatti stabilitisi fra i due feti erano del tutto casuali. Lo studio, per altro tutto italiano, ha invece svelato una proprietà impensabile fino adesso da parte di quei feti gemellari. Sottoponendo infatti le loro madri alla tecnica dell’ultrasonografia a quattro dimensioni, capace di comporre le immagini stabilendo un criterio temporale fra di esse, si è notato, nel periodo compreso fra la quattordicesima e la diciottesima settimana di gestazione, che i gemelli non si spostavano solamente verso le pareti dell’utero, fatto questo che si era osservato anche in feti singoli, ma, intenzionalmente e qua sta il nocciolo della scoperta, orientavano il loro movimento verso il reciproco compagno. Quest’ultimo fatto prosegue, perfezionandosi, per tutta l’intera gravidanza e diviene sempre più marcato via, via che la gestazione procede con la pecualiarità di assistere nel tempo, da parte del feto, all’abbandono del contatto verso l’utero per stabilirne invece uno sempre più profondo e duraturo verso il proprio gemello. Se poi paragoniamo il movimento del singolo feto durante una gravidanza non gemellare, notiamo come col progredire della gestazione il bambino tende a
toccarsi gli occhi, in particolar modo e la testa. In una gravidanza gemellare si osserva invece che ognuno dei due feti, cerchi di toccare gli stessi organi che si toccherebbe se stesse da solo, con la differenza che orienta le sue manine verso il proprio fratellino.

Il fine della ricerca era volto a stabilire l’epoca in cui il bambino iniziasse ad interagire con altri simili e con il mondo esterno. Sulla scorta dei risultati acquisiti, si è visto che ciò avviene già nella vita intrauterina.


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