Guardando
un neonato ci si stupisce come il bambino in qualche modo cerchi di stabilire
dei contatti col mondo esterno, questo perché dimentichiamo che anche il piccolo appena nato ha
in sé innata la caratteristica di interagire, sia pure a modo suo, col mondo
esterno. Tale peculiarità fino a ieri si credeva fosse solo una supposizione
della scienza, ma da quando uno studio scientifico ha messo in evidenza anche
altre peculiarità sui neonati, si è fatta strada la consapevolezza che induce a ritenere che
esiste una relazione fra la capacità del bambino di stabilire contatti col mondo esterno per effetto di una sorta di memoria embrionale che avrebbe inizio nella vita prenatale.
Difatti,
una ricerca condotta dall’Università di Pisa, Torino e Parma ad opera
dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste e pubblicata su Plos One, ha evidenziato
un fatto stupefacente, tuttavia dimostrabile soltanto nei gemelli. Secondo tale
studio, una coppia di gemelli già alla quattordicesima settimana di gestazione
intrattengono contatti fra di loro, con gli unici mezzi che hanno da
disposizione, l'abbozzo delle mani accarezzandosi. Ma….
poiché si tratta di feti, non era possibile immaginare che tale contatto
inducesse benessere a quei gemelli e, dunque si era creduto di liquidare la
questione sostenendo che i contatti stabilitisi fra i due feti erano del tutto
casuali. Lo studio, per altro tutto italiano, ha invece svelato una proprietà
impensabile fino adesso da parte di quei feti gemellari. Sottoponendo infatti le loro madri
alla tecnica dell’ultrasonografia a quattro dimensioni, capace di comporre le
immagini stabilendo un criterio temporale fra di esse, si è notato, nel periodo
compreso fra la quattordicesima e la diciottesima settimana di gestazione, che
i gemelli non si spostavano solamente verso le pareti dell’utero, fatto questo
che si era osservato anche in feti singoli, ma, intenzionalmente e qua sta il
nocciolo della scoperta, orientavano il loro movimento verso il reciproco
compagno. Quest’ultimo
fatto prosegue, perfezionandosi, per tutta l’intera gravidanza e diviene sempre
più marcato via, via che la gestazione procede con la pecualiarità di assistere
nel tempo, da parte del feto, all’abbandono del contatto verso l’utero per
stabilirne invece uno sempre più profondo e duraturo verso il proprio gemello.
Se poi paragoniamo il movimento del singolo feto durante una gravidanza non
gemellare, notiamo come col progredire della gestazione il bambino tende a
toccarsi gli occhi, in particolar modo e la testa. In una gravidanza gemellare
si osserva invece che ognuno dei due feti, cerchi di toccare gli stessi organi
che si toccherebbe se stesse da solo, con la differenza che orienta le sue manine verso il proprio fratellino.
Il
fine della ricerca era volto a stabilire l’epoca in cui il bambino iniziasse ad
interagire con altri simili e con il mondo esterno. Sulla scorta dei risultati
acquisiti, si è visto che ciò avviene già nella vita intrauterina.
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